SPIDER-MAN:
SEASON TWO
di Michele "Mickey" Miglionico
Introduzione
Questo è il secondo story-arc dell'Uomo Ragno scritto da me. Sto impostando la serie
quasi come un serial televisivo, ecco spiegata la suddivisione in cicli e
stagioni (season). Ogni stagione sancisce un nuovo status quo nella serie.
All'inizio c'erano Peter e zia May. Adesso, Peter, la piccola May, Ben Reilly/Kaine e
Anna Watson. E vedrete alla fine di questa "seconda serie" come cambierà
ulteriormente la situazione.
Capitolo settimo
LA COSPIRAZIONE - prima parte
TriCorp Research Foundation. Pomeriggio inoltrato.
Erano passate poche settimane dall'arresto di Norman Osborn (ossia Goblin), ma a Peter Parker erano sembrati secoli. In effetti, ne erano successe di cose. Un processo-lampo al magnate dell'economia, per condannarlo sul patibolo dell'opinione pubblica. La struggente storia di come Osborn avesse manipolato la vita dei Parker aveva toccato anche gli animi meno sensibili, e la condanna alla reclusione nel manicomio criminale Ravencroft era sembrata una pena fin troppo lieve per Goblin, che aveva raggirato il popolo newyorkese con la sua falsa filantropia.
Peter era abbastanza contento. Certo, nell'ultimo mese aveva celebrato il secondo funerale di zia May (quello per il clone) e aveva affrontato l'evidenza della morte di Mary Jane (grazie all'aiuto di Ashley Kafka, la sua psicoterapeuta). Ma in compenso aveva ricevuto un assegno con molti zeri come risarcimento per i danni morali, sua figlia May era con lui adesso e poteva trascorrere la vita insieme a lui; anche il suo fratello putativo Ben Reilly era tornato, anche se naturalmente pochi ne erano al corrente. E la ricerca che stava intraprendendo con il dr. Octopus alla TriCorp si era svolta con una velocità incredibile, raggiungendo praticamente l'obiettivo in un tempo record.
- Un ultimo test e potremo verificare se abbiamo realizzato la
svolta più importante nella storia della medicina - commentava Otto Octavius,
mentre fissava lo schermo di un terminale con attesa spasmodica.
- Non ci credo sia potuto succedere... il merito è tutto tuo, senza di te sarei
a un punto morto - ammise Peter.
- E' qui che ti sbagli. E' grazie ai dati di Osborn che siamo arrivati fin
qui... ma in ogni caso ci volevano due menti geniali per elaborare un tale
materiale sulle biotecnologie. La tua conoscenza della biochimica è stata
fondamentale. A proposito, hai contattato le cavie?
- Sì, non è stato difficile. Per fortuna ormai Twaki mi tratta con i guanti,
dopo il processo Osborn, e ci ha dato carta bianca per la sperimentazione.
I risultati sperati arrivarono.
- Sì! Allora possiamo cominciare... - esultò Otto.
- Segniamoci questa data.... - suggerì Peter, mentre si sfilava il camice per
uscire dal laboratorio, per tornare da sua figlia.
Dimora del senatore Ward, nello stesso istante.
Il senatore stava rimuginando sul da farsi al buio, fissando la
città al di fuori della sua finestra. Il suo piano era prossimo alla
conclusione e sperava che gli intoppi fossero finiti. Anche se i Sinistri Tre
avevano fallito nell'omicidio dell'Uomo Ragno, sarebbe andato avanti. Ma le
cattive notizie non tardano mai ad arrivare.
Un suo assistente entrò nella lussuosa camera in cui era, dicendo:
- Senatore, abbiamo un grosso problema che potrebbe compromettere tutto.
- Parlamene - rispose con falsa freddezza.
- Dagli ultimi controlli della N.S.A. [National Security Agency], è risultato che
Peter Parker e Otto Octavius della TriCorp Research Foundation hanno sviluppato qualcosa capace di
annientare il cancro nero.
- Cosa? Com'è possibile? Otto vuole salvarsi, eh? Comunque voglio sapere tutto
su questo Parker, entro domattina. E occupatevi del loro laboratorio prima
possibile, dopo aver confermato tutto. Voglio un quadro completo della
situazione.
Manhattan, casa di Peter Parker.
Sera.-
Con molta vivacità la piccola May Parker accolse il ritorno del padre a casa.
- Ciao, Peter - gli dissero con un'unica voce roca Ben Reilly e Kaine. Da
quando le due menti condividevano lo stesso corpo in degenerazione, avevano
deciso di dimostrare la svolta tagliando i capelli e ossigenandoli, come aveva
fatto Ben nella sua precedente vita. Ma questo non avrebbe fatto dimenticare il
retaggio di Kaine: allo specchio, il volto deturpato era lo stesso.
Fortunatamente l'innocenza di May trasaliva queste mere questioni fisiche,
consentendole di avere un ottimo rapporto con il suo bizzarro babysitter.
- Ben, una notizia bomba... - gli annunciò Peter con May tra le braccia -
domani inizia la sperimentazione. Se tutto va bene...
Kaine trasalì per l'emozione.
- ... potremo tornare normali - concluse.
- Sì. Ma non facciamoci illusioni. Domani si vedrà. E a proposito, dovremo
chiamare la baby-sitter. Zia Anna è tornata in Florida, e domani May rimarrebbe
sola. Ma ora basta... ho solo voglia di giocare con questo scricciolo! - disse
prendendo in braccio sua figlia e sollevandola per aria.
Dimora del senatore Ward, mattino presto.
Come qualche ora prima, il senatore era nella sua personale
"stanza ovale" ad esaminare del materiale, ma senza riuscire a
concentrarsi. Sapeva che il progetto di Parker e di Octopus, una volta diffuso,
avrebbe compromesso tutti i suoi piani con loro, e per questo dovevano
anticipare tutto in gran fretta. Il suo più affidabile assistente entrò
portando con sé informazioni fondamentali.
- Senatore, ecco il dossier che aveva chiesto su Peter Parker. La National
Security Agency ha fatto un ottimo lavoro... microfoni a distanza, immagini
satellitari... guardate cosa è venuto a galla.
Quando il suo collaboratore gli porse un fascicolo, Ward rimase molto
perplesso.
- Devi esserti sbagliato. Questo è il fascicolo sull'Uomo Ragno, che ho già
letto svariate volte.
- Adesso è molto più ricco e completo... lo sfogli.
Il misterioso politico seguì il consiglio e dopo pochi secondi la sua
espressione di perplessità si tramutò in altro... soddisfazione.
- Ottimo lavoro. E così... tutto quadra. Peter Parker è l'Uomo Ragno. Meglio
così, prenderemo due piccioni con una fava. Attaccate immediatamente il
laboratorio ed eliminate ogni pericolo. E poi... portatemelo per l'atto finale.
Voglio che quell'insetto fastidiosissimo assista al fallire dei suoi intralci.
- Benissimo, signore.
- Notizie di Arthur Stacy?
- Niente di rilevante. Sembra che da quando è tornato ad Hong Kong si sia
rassegnato al destino che attende tutti quelli della sua specie. Dubito ci
metterà i bastoni fra le ruote.
- Tanto spavaldo, fino a qualche settimana fa... bene, bene. Fai quel che
dev'essere fatto.
"Dovrei ucciderti, per il solo fatto di condividere con me un segreto del
genere" rifletteva Ward, dopo che il suo fido collaboratore lo aveva
lasciato "ma in fondo, che importa? Domani il mondo come lo conosciamo
adesso non esisterà più..."
TriCorp Research Foundation. Poco dopo.
- Siete pronti?
Fu la domanda che Peter fece a coloro che avevano accettato per testare ciò che
aveva elaborato con Octopus. Erano casi estremi, avevano accettato non solo
perché vedevano in Peter l'ultima spiaggia, ma perché avevano tutti le
competenze per comprendere che ciò che avevano realizzato la coppia
Parker-Octavius era fenomenale: un corpuscolo creato in laboratorio,
programmato da una serie di geni e personalizzabile in base al genoma
dell'individuo, che una volta iniettato si integrava perfettamente
nell'organismo garantendone uno stato di salute perfetto. Un completo fattore
di rigenerazione e immunità. Ed era ciò che volevano ottenere le cavie.
Kaine: il primo clone dell'Uomo Ragno, colpito dalla sindrome di degenerazione
dei cloni che devasta i tessuti, aveva seguito dal principio la ricerca e aveva procurato il materiale necessario a portarla avanti.
Morbius: il dottor Michael Morbius, afflitto da una malattia sanguigna che
provoca vampirismo, un biochimico da Nobel che non era riuscito a curarsi e che
era sotto la tutela della TriCorp da qualche tempo.
Lizard: il dottor Curt Connors, dal braccio amputato e dal sangue ancora
infetto da genoma di rettile, che aveva utilizzato per rigenerare l'arto
perduto.
Madame Web: la veggente Cassandra Webb, affetta da cecità e paralisi, aveva
anche perso da poco tempo il dono dell'eterna giovinezza.
- Otto, sei sicuro di volerti sottoporre anche tu? - chiese come ultima
conferma Peter.
- Sì, Peter... finché sarò in questo stato mi sentirò mutilato. Se guarirò dal
legame psichico con le braccia idrauliche starò meglio. E tu, sei sicuro di non
volerlo fare?
- Primo, ho una bambina da crescere e non rischio la mia vita... inoltre non so
che effetto potrebbe avere sui miei poteri.
"E' lo stesso dubbio che ha avuto Matt [Murdock, ossia Devil]" pensò
immediatamente dopo Spidey. "Sarebbe potuto guarire dalla cecità, ma non
voleva rischiare di perdere i suoi supersensi. E chissà dov'è Bruce
Banner...l'ultima volta l'ho visto quando abbiamo combattuto contro Dormammu
["I Difensori" 1/3]. Ma non l'ho più rintracciato... se tutto va
bene, presto potrà guarire dalla maledizione di Hulk. Ma se la sperimentazione
funziona con loro, la priorità verrà data a tutti i malati terminali della
città... sarebbe stupendo poter aiutare tutti...".
Più di tutti fremeva Kaine. Se l'esperimento fosse riuscito, avrebbe riavuto un corpo normale e avrebbe potuto rientrare nel mondo civile. Voleva parlare ancora con Desiree Whintrop. Era stata molto gentile con lui, quando settimane prima era andata a trovarlo, avevano parlato molto e lei si era messa a sua disposizione. Una ragazza d'oro, si era rivelata. Ma Ben non aveva più avuto il coraggio di contattarla, con quell'aspetto. Ora l'occasione poteva ripresentarsi. Se Peter avesse seguito i suoi consigli, avrebbe avuto una chioma bionda e occhi azzurri... miracoli dell'ingegneria genetica. Così la somiglianza con l'originale sarebbe stata minore.
L'esperimento partì. Comodamente rilassati sui loro lettini, le cinque cavie si fecero iniettare da Peter le dosi di corpuscoli tarati sul loro sangue e sul loro genoma, si fecero attaccare ad una flebo di sostanze adiuvanti ed iniziarono ad aspettare gli effetti.
Improvvisamente il senso di ragno di Peter scattò. Si fiondò nella
stanza adiacente e guardò in alto, verso la vetrata antiproiettile che faceva
da soffitto al laboratorio. A un certo punto la suddetta finestra si
sfondò e Charlotte Witter, alias la quarta Donna Ragno, nipote di Madame Web,
atterrò sul pavimento ringhiando. Le sue zampe psichiche attutirono la caduta.
A ruota, la seguì il Ragno d'Acciaio, ossia Ollie Osnick, coadiuvato dalle sue
braccia idrauliche.
- Ma che succede?! - gridò Peter.
- Ragno... sono settimane che ti cerco - mugugnava tra i denti.
Ollie ascoltò stupito quelle parole, senza collegare subito Peter Parker
all'Uomo Ragno. I tre, poi vennero distratti da rumori e voci dalla sala della
sperimentazione. Probabilmente avevano sentito il subbuglio.
Dalla porta una visione inaspettata: il
dr. Octopus dotato di braccia metalliche!
- Otto?!
- Scusa, Peter, a dopo le spiegazioni! Questa donna è pericolosa!
Era stato proprio il dr. Octopus a trasformare Charlotte, grazie alle sue
manipolazioni genetiche. E avrebbero presto scoperto che l'aveva manipolata
mentalmente.
- L'incubo è finito - sentenziò il dottore, e a quelle ermetiche parole Charlotte
ebbe un capogiro e piegò le ginocchia, come se le mancassero le forze.
- Otto... che le hai fatto?!
- Le ho detto una frase-chiave che avevo preventivato nel caso in cui dovessi
liberarla dal suo stato mentale di sottomissione nei miei confronti.
Era difficile per Peter parlare del passato di Otto come criminale, ora che ci
lavorava gomito a gomito.
- Vuoi dirmi che era come... ipnotizzata da te, e che ora con una frase l'hai
risvegliata?
- Esatto... ero o non ero un genio del male? E comunque... che ci fa questo
ragazzino qui? - disse riferendosi al Ragno d'Acciaio, intimidito e affascinato
dalla figura dell'ex-criminale a cui si ispirava un tempo.
A quelle lugubre parole la donna si riprese e fece la domanda di rito:
- Che è successo? Dove mi trovo?
- Cara Charlotte, ti sei risvegliata da un lungo stato di trance, di cui però
dovresti avere qualche ricordo, se non ho fatto male i miei calcoli.
- Oh, sì... l'Uomo Ragno... nonna Cassandra... sì, sto connettendo tutto... -
poi alzò lo sguardo verso Peter e disse - Sì, tu sei l'Uomo Ragno... e tu il
dr. Octopus... tu, bastardo!
Il Ragno d'Acciaio, confuso dalla situazione, continuava nel suo
stato di silenzio. Pensava di poter gestire situazioni importanti dopo il
successo con Electro [v. "L'Uomo Ragno"#2], invece si rendeva conto
di essere inerme.
Contemporaneamente, grazie all'agilità sovraumana della donna, Octavius non
poté neanche accorgersi di come Charlotte gli fosse balzata addosso, buttandolo
violentemente a terra.
- Charlotte, ferma! - le gridò Peter, lanciandosi su di lei e cercando di
fermarla con la sua forza di ragno. Ma i nuovi tentacoli di Octavius riuscirono
a scaraventare via prima il nemico.
- Fermi tutti! Qui c'è bisogno di
chiarimenti! - urlò Spidey con tutto il suo fiato - Charlotte, tu che ci fai
qui?
- Ero venuta a rubare il tuo potere, ma non mi aspettavo di trovare Octopus.
- Acciaio?
- Io... stavo seguendo lei, pensavo fosse pericolosa. Prometto che il tuo
segreto...
- Zitto. Otto, tu che ci fai con quelle braccia?
- Peter, ti ho mentito. Ho programmato i miei corpuscoli affinché mi
rigenerassero i tentacoli... ho ingerito per un mese capsule di acciaio
organico... la nostra scoperta ha fatto il resto.
- Tu... mi hai nascosto una cosa simile? C'è un'ordinanza del giudice per
cui...
- Peter, vogliamo parlare di quella misteriosa capsula di stasi? Credo
che ciò che stai facendo non sia eticamente accettato.
- Touché, Otto, ma ne riparleremo. Acciaio, è meglio che tu vada ora.
- Spidey, con tutto la stima che nutro nei tuoi confronti... non puoi trattarmi
come un bimbo scemo! - commentò umiliato Ollie.
- Scusa, Acciaio, è che la situazione è stressante... del resto se ti sei
occupato finora di lei non ho nessun diritto di dirti niente. Charlotte... ora
che sei di nuovo lucida, possiamo stare tranquilli?
- Covo ancora il desiderio di assorbire i tuoi poteri, ma credo di potermi
controllare.
Ancora indispettito, Spidey si rivolse con acidità al suo collega.
- Ma come diavolo hai fatto a trasformarla in una mutante assorbi-poteri?
- Probabilmente tu non lo sai, ma nell'ambiente criminale c'è anche un
contrabbando di materiale genetico... a volte la roba è preziosissima, costa un
occhio della testa. Il cocktail di geni che ho acquistato sembra che se lo sia
procurato un genetista di nome Sinistro... dev'essere un tipo in gamba. Così ho
manipolato il materiale in modo da creare la Donna Ragno.
- Tutto da rivolgere contro di me... Otto, mi sembra surreale stare a parlare
qui con te, quando fino a un paio di mesi fa il tuo unico pensiero era uccidermi.
E dopo la bravata di oggi, ho seri dubbi sulla tua serietà.
Octavius non rispose.
Dalla porta irruppe Ben Reilly, che stava già riacquistando tratti più umani:
portava con sé la flebo a cui si stava sottoponendo.
- Si può sapere che succede? Peter, chi è tutta questa gente? - chiese.
- Ben, è pericoloso alzarsi in questo stato. Me la vedo io - quasi gli intimò
il suo fratello di sangue.
- Sono tutti giustamente preoccupati... - continuò Kaine - a Octopus sono
improvvisamente cresciuti i tentacoli dai fianchi, di qui proveniva il rumore
di vetri rotti e di battaglia e...
- Ben... tutto sotto controllo - concluse un irritato Peter Parker.
Come se il destino volesse beffarsi di quella frase superba, la situazione mutò
in maniera tale da non essere più controllabile.
Prima ci fu un rumore abbastanza
assordante che dal tetto arrivava rimbombando nelle stanze della TriCorp. Poi
la stanza dove si trovavano i cinque "eroi" fu completamente messa
all'ombra. Un enorme veicolo di chiara fattura extraterrestre levitava sulle
loro teste, sui resti della vetrata che avrebbe dovuto proteggerli. I sensi di
ragno di Spidey, Kaine e Charlotte squillarono nelle loro menti all'unisono, ma
non poterono proteggersi dal pericolo che presagivano.
Dalla nave aliena un fascio di luce intensissimo li colpì, facendo perdere loro
i sensi. Una volta che il velivolo fu partito per gli strati più alti
dell'atmosfera, dei cinque non c'era più traccia. I dottori Morbius e Connors e la veggente cieca,
nonostante la porta che li separava dalla camera fosse chiusa, videro
attraverso gli stipiti e le fessure una luminosità fuori dal comune. Così,
armati delle loro flebo e ancora deboli, si alzarono - chi poteva alzarsi - per
vedere cosa stava succedendo.
Aperta la porta, non trovarono Parker e Octavius, ma degli uomini armati,
vestiti con tute nere e con i volti coperti dai caschi.
- Chi siete? Dove sono finiti tutti? - chiese agitato il dr. Curt Connors.
- Che ne facciamo di questi? - chiese uno degli uomini misteriosi a un
compagno, ignorando completamente tutti.
- Non dobbiamo ucciderli... facciamoli prigionieri.
Prima che potessero reagire, i due scienziati e la vecchia donna svennero sotto
i colpi del calcio di due fucili e vennero portati via, mentre gli
uomini-in-nero si occupavano del laboratorio...
Capitolo ottavo
LA COSPIRAZIONE - seconda parte
scritto con Fabio Volino
Quando Peter Parker
riaprì gli occhi, ancora storditi da quella luce accecante che aveva invaso il
suo laboratorio, cercò di capire la situazione ma gli ci volle un po'. Era in
uno strano ambiente chiuso. Le sue braccia e le sue gambe erano bloccate da
grossi ceppi metallici ad un muro, ma lo stesso destino era stato riservato a
Ben Reilly e Ollie Osnick, alla sua destra, e Charlotte Witter e Otto Octavius,
alla sua sinistra. Dovevano ancora riprendere i sensi. Dedusse che dovevano
tutti trovarsi su una nave aliena, visto sia il design di quella cella sia il
modo in cui erano stati rapiti. Si chiedeva solo perché.
Ma un attimo, c'era qualcosa che aveva visto... Peter si voltò e vide che Ben
era tornato ad avere un aspetto normale, il suo corpo non era più in decadenza,
la soluzione biochimica di Octopus aveva funzionato. Era in tutto e per tutto
simile a lui, a parte i capelli tinti. Ben iniziò a riprendersi. E così anche Otto e
Charlotte.
- Tutto bene? - chiese Peter. Gli altri annuirono.
- Cosa è successo? - chiese Ben.
- Siamo stati invitati ad una festa, a quanto pare - rispose Peter. E poco dopo
apparve davanti a loro il senatore degli Stati Uniti Stewart Ward.
Fuori
dall'astronave. Qualche chilometro sopra Central Park.
- Forza, Dinamo! Proviamo un' altra volta!
Capitan Bretagna e Dinamo Cremisi impattarono contro il campo di forza che
circondava l'astronave, ma senza alcun risultato. Nemmeno un raggio repulsore
dell' eroe russo ottenne alcunché. WorldWatch era stato chiamato da queste
parti dopo che l' UFO era apparso nei cieli di New York ed aveva tentato in
tutti i modi di scoprire quale segreto celasse. Ma invano.
- Nulla? - chiese Visione. I suoi compagni di squadra scossero la testa.
- Purtroppo nemmeno
nella mia forma intangibile sono riuscito a penetrare nel campo di forza, ma
dobbiamo continuare a tentare. Quell' astronave rappresenta un serio pericolo,
ne sono certo.
- Però, come è grande - disse Sun - Anche meglio di X-Files!
E a qualche chilometro da lì un' altra persona era interessata all' evento, che
poteva ammirare solo grazie ai servizi del telegiornale: il barone Strucker,
capo dell' organizzazione sovversiva nota come HYDRA.
- Heil Hydra! - disse un suo sottoposto.
- Nessuna novità?- chiese il barone. Il
sottoposto tacque.
- Sapevo che quell' essere nascondeva qualcosa. Volevo catturarlo per farmi
rivelare i suoi segreti, ero sicuro che grazie ad essi avremmo avuto i mezzi
per conquistare il mondo. Ma avete fallito, come al solito. Prima mettete a
capo di questa organizzazione uno Skrull, poi un altro alieno ci prende
bellamente in giro. E' venuto il momento di cambiare radicalmente l' Hydra...
All' interno
dell' astronave.
Due alieni stavano discutendo in una lingua incomprensibile quando un uomo si
avvicinò a loro. I due alieni gli puntarono le loro armi contro, ma l' uomo
balzò loro addosso e con due rapidi pugni li mise KO. Prese poi le loro armi e
si tirò giù il cappuccio, rivelando così il suo vero volto: il Ranger! "E'
venuto il momento della resa dei conti, Chleee!".
Poco lontano
da lì Ward diede un ironico benvenuto ai suoi prigionieri.
- Cosa vuoi da noi, Ward? - chiese Peter. In tutta risposta il senatore tirò
fuori un costume da Uomo Ragno.
- Abbiamo qui un vero eroe, a quanto pare - disse il senatore - che ironia che
tu mi abbia salvato così tante volte ed ora io ti debba uccidere, vero? E
nemmeno nella morte troverai la pace: il senato è venuto a conoscenza della tua
identità e presto diventerà di dominio pubblico. I tuoi parenti e amici saranno
perseguitati per molto tempo. Aspetta, ho detto saranno? Dovrei dire «sarebbero», considerato che questo mondo così come lo conoscete domani non ci
sarà più.
- Cosa intendi dire? - chiese Ben.
- Credo di dovervi dare una spiegazione. C'è una specie aliena, chiamata
Cluster, che va di pianeta in pianeta sottomettendo le popolazioni e sfruttando
le loro risorse. E' una razza subdola, che agisce nell'oscurità... la loro
esistenza è ignota persino agli Skrull, ai Kree o agli Sh'iar, detentori di
imperi galattici... i loro progetti di invasione sono a lunga gittata, anche
perché hanno una concezione del tempo diversa da quella umana. Il piano di
invasione della Terra risale ai primi del ventesimo secolo. Hanno corrotto le
figure politiche più importanti, da allora fino ad oggi... hanno creato un
governo-ombra nella nazione più potente, gli Stati Uniti. Molti ne erano al
corrente... molti hanno fatto finta di nulla. Quei seccatori di Arthur Stacy e
di suo fratello George volevano fare qualcosa per impedirlo, ma del resto era
impossibile... è tutto pianificato.
- Cosa avete pianificato? - lo interruppe Spidey.
- Fra poche ore diffonderemo nell'atmosfera terrestre il cancro nero... una
malattia che inibisce la volontà. Tutta la popolazione sarà in balia dei
Cluster: sarò proprio io ad attivare il portale che trasporterà la nostra nave
madre nell'orbita terrestre. Ma ora...
- Ma tu chi sei
esattamente? - chiese Peter.
- Vedete, io sono un ibrido umano-alieno... sono un Cluster mutante, che di
invasione in invasione si lega a eminenti o strategici personaggi del luogo,
senza che neanche se ne accorgano, guidandoli inconsciamente alla missione...
come Ward mi sono perfettamente consapevole del mio ruolo dopo lo scontro con i
Sinistri Sei.
- Hai poteri energetici? Quelli che hai manifestato in quell'occasione o ancor
prima, creando un varco con un'altra dimensione?
Peter stava cercando di far leva sull'ego del senatore per capirgli
informazioni utili per salvarsi.
- Sì, esattamente.
Senza di me gli alieni non avrebbero le risorse per trasportare in questo
quadrante la loro astronave-madre, un vero e proprio pianeta ambulante. Invece
veicoli più modesti come questo si prestano al contatto con i pianeti da invadere
- spiegò ancora Ward.
- E voi traditori del pianeta avete in cambio la salvezza - commentò
sdegnato il giovane Ollie, che si era ripreso ed aveva sentito tutto.
- La Covata potrebbe citarvi per violazione dei diritti d' autore -
disse ironicamente Peter.
- Ora basta, mi sono stancato di voi. La vostra cura poteva destabilizzare gli
effetti del cancro nero, non so neanche come siate riusciti a crearla, ma essa
non potrà più essere riprodotta considerato che abbiamo distrutto il
laboratorio e i vostri appunti. Morirete nella consapevolezza del vostro
fallimento. E per me questo sarà fonte di immensa gioia. Chi vuole essere il
primo a perire?
In risposta un raggio di energia mancò per poco il capo di Ward. Il senatore si
voltò e vide il Ranger ed iniziò a tremare.
- E se iniziassimo da te, Chleee? - disse il Ranger.
- Come l'hai chiamato? - chiese Peter.
- Col nome che ha usato sul mio pianeta: vi avrà sicuramente narrato la sua
storia e i piani di conquista della sua razza. Da noi si finse un guaritore e
si accattivò le simpatie di tutta la popolazione. Poco prima che i Cluster
sottomettessero il mio pianeta dovetti partire per lo spazio per alcune
transazioni commerciali e scampai alla sventura. Ma non la mia famiglia. Fuggii
con in mente un solo obiettivo: la vendetta, contro quest' essere che ha
rovinato la mia vita. Lo ritrovai qui, dopo una lunga ricerca, finalmente. Ma
la posizione sociale che aveva raggiunto da voi lo rendeva irraggiungibile.
Contro la sua razza costruii un gruppo di ribellione, gli Agenti dell'Anarchia,
tramite il quale contrastare i suoi scopi. E grazie a noi il suo folle piano è
stato più volte rimandato. Ma ora tutto finisce qui: in nome del popolo Ran'
Jer, Chleee, ti condanno alla morte.
Ma Chleee/Ward fu più svelto di lui: emise i suoi poteri energetici, che
accecarono per qualche secondo il Ranger e ne approfittò per scappare da un
portello laterale.
- Dannazione! - esclamò il Ranger. Poi si diresse verso i prigionieri.
- Dal costume che vedo qui a terra mi pare di intuire che tu sia quell' eroe
che ho incontrato qualche tempo fa. Sei disposto ad aiutarmi?
Peter annuì deciso.
- Libera anche gli altri - aggiunse - saranno alleati preziosi.
Una volta che Peter ebbe indossato il suo costume, tutti partirono alla caccia
di Ward. Ma non riuscirono a percorrere pochi metri che un gran vocìo attirò la
loro attenzione. Gli eroi si diressero verso dove sembrava provenire il suono e
trovarono, dentro una stanza, alcune eminenti figure politiche. Oltre a loro vi
erano anche il Dr. Connors, Madame Web e Morbius.
- Ma... senatore Kelly! Cosa è successo? - chiese Spidey.
- L'Uomo Ragno! - rispose Kelly - Che ci fai qui? Potresti compromettere tutto!
E con te il Dr. Octopus, cosa vuol dire questo?
-
Per essere un politico è davvero informato delle recenti novità - disse Peter,
poi si rivolse a Ollie - Acciaio, è venuto il momento di dimostrare quanto
vali. Porta queste persone con te e trova una via d' uscita da questa nave.
Anche se erano pronte a tradire tutta la nostra specie per salvarsi, non
possiamo lasciarli morire. Conto su di te.
Ollie annuì vigorosamente e si mise a dare ordini come se fosse lui il capo.
Peter contava anche sulle doti telepatiche di Madame Web per debellare
eventuali aggressioni. Il folto gruppo uscì dalla stanza e prese un' altra
via.
-
Il deposito che contiene il cancro nero dovrebbe trovarsi al centro dell'
astronave - disse il Ranger, ma il gruppo fece pochi passi che trovò davanti a
sé un numeroso gruppo di Cluster, che iniziarono a sparare loro contro.
- Uomo Ragno, Ben Reilly - urlò Octopus - andate voi avanti, noi vi copriremo.
E tenete questo!
Da una tasca tirò fuori una provetta.
- Ma sembra la nostra cura! - esclamò Peter.
- Esatto - confermò Octopus - Ne tenevo da parte una fiala per ogni evenienza e
per fortuna non mi hanno perquisito quando mi hanno catturato. Se questa cosa
sconfigge il cancro nero allora è l' unica arma che abbiamo. E ora andate!
I due eroi obbedirono e sorpassarono rapidamente i Cluster. Gli alieni
tentarono di raggiungerli, ma i tentacoli di Octopus e la forza di Ranger impedirono loro il passaggio.
Ad un tratto l' Uomo Ragno ed il suo clone videro un portello più grande degli
altri. Era aperto, come un invito ad un massacro. Ed i rispettivi sensi di
ragno dei due eroi confermarono quell' impressione. "Non ricordo una crisi
di tale portata dal tempo in cui affrontai Thanos" pensò Peter "Ma
non posso permettere che miliardi di esseri innocenti, innocenti come zio Ben,
vengano sottomessi. Ho un grande potere, anche se questa è una grande
responsabilità".
All' interno Ward era in attesa. Dietro di lui una enorme vasca con dentro un
potente liquido: il cancro nero, pronto ad essere convertito in materia gassosa
e disperso nell' aria. Improvvisamente entrò nella stanza l' Uomo Ragno.
- Sei qui, dunque - disse Ward - Volevo proprio che fossi presente al grande
momento. Dopo che avrò infettato la Terra ho pronta qui una provetta apposta
per te. Hai qualcosa da dire a tal proposito?
- Che ti bloccherò! - urlò l' Uomo Ragno, ma una esplosione di energia di Ward
lo fece balzare all' indietro. L' alieno gli si avvicinò
- Ma cosa intendevi fare? Ora...
Per tutta risposta l' Uomo Ragno rise. Una risata di scherno.
-
Smettila, sei forse impazzito? - gli urlò Ward. L' Uomo Ragno si tolse la
maschera: sotto di essa c'era Ben Reilly!
- Vai, Peter! - gridò. E Peter era vicino alla vasca, nell' ombra era
sgattaiolato per i muri mentre Ben distraeva Ward.
- A buon rendere, fratello! - disse Peter e gettò il contenuto della provetta
di Octopus nel contenitore del cancro nero. Una piccola quantità contro un
immenso liquido, eppure qualcosa accadde. I due diversi composti chimici
reagirono e si compenetrarono. Una lotta interna avvenne dentro il contenitore,
poi il cancro nero iniziò a mutare, cambiò colore, fino a diventare... bianco.
- No! Non dovevi! - urlò Ward, balzando contro Peter. Il senso di ragno non gli
permise di evitare l' attacco veloce di Ward, che riuscì a premere la provetta
contro il suo corpo ed immettere il cancro nero nel suo organismo. Subito Peter
fu colto da violenti spasmi. Ben, inorridito, non sapeva cosa fare.
- Ma non tutto è perduto, posso ancora agganciarmi all' astronave madre - disse
Ward.
- No, Ward. Il gioco è finito!
Da dietro il senatore apparve Octopus, che lo colpì al volto con un tentacolo.
Nel frattempo Ben si avvicinò a Peter e vide una provetta con stantuffo accanto
a lui. In quel momento gli venne in mente un' idea folle. Prese un pezzo di
vetro e si ferì al braccio. Il sangue che fuoriuscì lo immise nella provetta.
Quando essa fu colma, Ben richiuse la provetta e, tramite lo stantuffo, immise
il suo sangue nel corpo di Peter. Lui lo guardò con occhi stupiti.
- Non so se funzionerà - disse Ben - ma Ward ha detto che la cura di Octopus
inibisce gli effetti del cancro nero ed io sono stato trattato con questa cura.
Il mio aspetto umano ne è la dimostrazione. Forse il mio sangue, interagendo
con il tuo, riuscirà a debellare gli effetti del cancro nero. Speriamo, io sono
un barman, non un infermiere.
Gli spasmi di Peter divennero ancora più violenti e Ben faceva fatica a tenerlo
fermo. Poi ad un tratto si fermò e, con voce rantolante, Peter disse:
- Devo decisamente prendermi una vacanza.
Ben era riuscito a curarlo.
Octopus, intanto, raccolse la provetta che aveva infettato Peter. C'era ancora
un discreto quantitativo di cancro nero.
- Hai detto che sei in parte umano, vero? - disse Otto - Allora prova gli
effetti del tuo potere.
E con uno dei suoi tentacoli allungò la provetta verso il cuore di Ward. Lo
colpì e anche Ward fu preso da violenti spasmi, ma stavolta non ci sarebbe
stato nessuno a salvarlo. La sua fisiologia ibrida ebbe uno strano effetto su
di lui ed in breve tempo l' ex senatore degli Stati Uniti si liquefece davanti
agli occhi stupiti dei presenti.
Ma Otto non pareva felice: - Che tu sia dannato, hai mandato all' aria tutto!
Si volse verso Peter e Ben, che lo guardavano stupiti.
- E' andato tutto oltre le mie aspettative - continuò Octopus - Volevo
sintetizzare una cura contro il cancro nero per salvarmi e poi per rivenderla
ai ricchi della Terra. Avrebbero pagato qualsiasi prezzo! La tua proposta di
lavoro alla TriCorp cadeva a fagiolo... non avrei immaginato di ottenere così
in fretta dei risultati, grazie ai dati di Goblin. Ero pronto a fuggire, ma in
quel momento l' arrivo di Ward ha rovinato tutto. Non avrei mai immaginato che
sarei stato costretto a stringere un tale rapporto con te da poter in seguito
distruggerti dall'interno, come un cavallo di Troia…
- Tu... tu hai finto di volerti redimere? - chiese Peter.
- Non ti era parsa un po' sospetta, come cosa? Ormai conosco i tuoi segreti e quando
questa storia dei Cluster sarà conclusa, potremo fare i conti.
- Verme!
- Ma ora abbiamo altro di cui occuparci - disse Octopus - dobbiamo distruggere
il portale tra questa nave e l' astronave madre. Ricreare la cura per il cancro
nero richiede troppo tempo e gran parte dei dati sono ormai andati distrutti.
Sono abbastanza esperto di informatica da poter gestire anche un sistema
operativo alieno. Del resto questa nave è stata costruita per essere utilizzata
da entrambe le razze, con un'interfaccia ibrida. Ho visto delle bombe su questa
nave, forse per debellare eventuali resistenze. Comunque ora le attiverò.
Ed iniziò ad operare sul computer. Dopo qualche minuto disse:
- Fatto, abbiamo tre minuti. Andiamo alle scialuppe...
Ma in quel momento Charlotte, la Donna Ragno, entrò nella stanza e attivò le
tele psichiche su Octopus.
- Finalmente avrò la mia vendetta - disse, prima di svenire. Era rimasta
leggermente ferita nello scontro coi Cluster. Anche il Ranger apparve in quel
momento.
- Presto, salviamo Otto - disse Peter.
- Non abbiamo tempo, Peter - disse Ben - rischiamo di perire anche noi.
- Ma non possiamo abbandonarlo qui...
Un colpo dietro la nuca del Ranger pose fine alle sue proteste.
- Andiamo - disse. Ben raccolse Peter, il Ranger Charlotte. Con agilità e
rapidità si recarono alle scialuppe di salvataggio, che partirono
automaticamente. Ben si augurò che anche gli altri Cluster avessero fatto
altrettanto. Un minuto dopo la loro partenza l' astronave implose e ciò evitò
che la sua caduta causasse troppi danni. WorldWatch, con abilità, protesse i
civili che avevano osservato tutto. Il Ranger, che sapeva come guidare la
scialuppa, riuscì dolcemente a farla atterrare. Ben, intanto, rivestì col
costume dell' Uomo Ragno Peter. Era lui quello che aveva più da perdere.
Non appena atterrarono WorldWatch si avvicinò.
- Chi siete? - chiese la Visione. L' Uomo Ragno uscì allo scoperto.
- E' una storia lunga, Viz. Hai due settimane di tempo?
- Non so cosa ci faccia tu qui, Uomo Ragno. Ma temo avrai molto di cui parlare.
- Posso farlo io al posto suo - disse il Ranger -la mia vendetta è compiuta,
ora sono a vostra disposizione.
Capitan Bretagna e USAgent lo portarono via, unitamente a Charlotte.
- Scusami un momento, Viz - disse l' Uomo Ragno, che aveva visto da lontano
Ollie e Madame Web. Si avvicinò a loro.
- Visto Pet... Uomo Ragno? Ce l'ho fatta! - urlò trionfante il Ragno d'
Acciaio.
- Bravissimo, Ollie. Ora, se permetti, devo parlare con Madame Web.
Malinconicamente Ollie se ne andò.
- Devo chiederle un grosso favore, Madame Web, e so che questo non è il momento
migliore. Ma negli ultimi tempi troppe persone sono venute a conoscenza della
mia identità segreta e questo metterebbe sicuramente in pericolo la vita di
molte persone a me care. Può fare qualcosa coi suoi poteri telepatici?
Soprattutto vorrei che alcune persone di cui io mi fido e che sanno di ciò
continuassero a conservare questo ricordo. E' possibile? Mi rendo conto che non
è un' azione onorevole, ma è in gioco non solo la mia vita.
Madame Web annuì e pose le sue mani sul volto di Peter. Passò circa un minuto,
al termine del quale Madame Web disse semplicemente "Fatto". E il
ricordo sparì: dalla mente dell' aiutante di Ward, dei senatori che già ne
erano venuti a conoscenza, del Ragno d' Acciaio, di Carnage, di Charlotte, di
Mattie Franklin...
- La tua richiesta è stata esaudita - disse Madame Web - Ora cancellerò questo
ricordo anche dalla mia mente e non avrai più nulla di cui preoccuparti.
- La ringrazio, Madame. Cercherò di sdebitarmi un giorno.
Acciaio si avvicinò.
- Disturbo? - chiese - Volevo sapere se posso andare a casa, sono stanco.
- Vai pure, Ollie. Ti copro io - disse Peter.
E mentre il sole iniziava a tramontare Peter tornò dal suo fratello di sangue
(in tutti i sensi, ora) Ben, a cui avevano finito di prestare soccorso. I due iniziarono a parlare.
- Non mi sarei mai aspettato che Otto si comportasse così - disse Ben.
- Ma forse... potevamo prevederlo, del resto ha addirittura accettato di curare colui che l'
ha ucciso [parla di Kaine, ossia la sua metà, che uccise Octopus su L'UOMO RAGNO 182]…
non era verosimile.
- Dimentichi una cosa, Ben - disse Peter - Mentre combattevamo i Cluster Otto
ci ha dato la provetta che debellava il cancro nero. Ce l'ha data spontaneamente,
noi non sapevamo nemmeno ci fosse. Lui poteva scappare e rivendere la cura al
miglior offerente. Poteva farlo... Ma non l' ha fatto. Ed io voglio ricordarlo
così, da eroe e non da criminale.
- Credi si sia salvato? - chiese Ben.
- Non lo so. Ma dentro di me lo spero. Anzi, ne sono certo.
Se avessero potuto guardare a chilometri e chilometri, avrebbero visto una
solitaria stella cadente entrare nell'atmosfera terrestre...
Note
In via del tutto
eccezionale, questo episodio è stato scritto per la maggior parte da Fabio
Volino. Da notare come il titolo della minisaga si riferisca sia al complotto
governativo sia al piano di Octopus. Mi sembra anche chiaro che le fonti
d'ispirazione sono il serial X-files e il film Independence Day,
no? E anche questa trama di Howard Mackie è risolta...
Capitolo nono
VITA E MORTE
Casa Parker, primo mattino.
Soddisfatto per aver sventato un'invasione aliena, soddisfatto per aver
guarito il suo clone Ben Reilly dalla degenerazione cellulare, ma amareggiato
dalla scomparsa del Dr.Octopus, che gli aveva rivelato di essere stato una
vipera in seno nell'ultimo mese, Peter Parker continuava a maneggiare materiale
genetico nel suo laboratorio e a controllare dati. I governativi, in
particolari quelli al servizio del defunto senatore Ward, avevano rubato tutto
il materiale sulla scoperta di Peter e Otto, il corpuscolo che garantiva
completa guarigione. Era praticamente impossibile risalire alla "formula"
originale dai corpuscoli che circolavano nel suo sangue, ormai adattati al suo
genoma. Inoltre, stava lavorando senza sosta per risolvere un piccolo problema.
Ben Reilly gli aveva passato i suoi corpuscoli... il problema era che il genoma
del clone differiva per una manciata di geni da quello di Peter, per le
modifiche ai geni degli occhi e dei capelli che aveva fatto. E questo creava
instabilità genetica nel suo organismo. Aveva voluto compiere un
elementare intervento estetico a livello genetico, e ora ne pagava le
conseguenze. E ancora, c'era un progetto segreto a cui lavorava da un mese e di
cui solo Octopus era a conoscenza. Un progetto che presto si sarebbe svelato.
Nel giro di un’ora Peter sarebbe dovuto essere in laboratorio, ma stava già per
uscire. Ben si svegliò e andò a salutarlo.
- Ciao, Peter... come va? Quei giramenti di testa?
- Li ho ancora, purtroppo... e se non risolvo questa faccenda dei corpuscoli,
la situazione potrebbe degenerare.
- Spero tu ci riesca presto... com'è riprendere a lavorare? Cosa ha detto
Twaki?
- E' rimasto molto dispiaciuto perché sapeva a che punto erano le ricerche.
L'assicurazione ha coperto i danni economici, ma per il resto devo cominciare
da capo... voglio sfruttare quello che ho imparato per sviluppare
qualcos’altro… speriamo bene... scusami ma ho un appuntamento...
- Un appuntamento? A quest’ora?
- Sì, scusami ma devo proprio scappare! - e uscì di casa. Ben era molto confuso
sull’evasivo comportamento di Peter e sperava di capirci qualcosa al più
presto.
Qualche tempo
prima.
Era una di quelle volte, dopo il processo Osborn, che Peter e Ben prendevano a
conservare, a riflettere sulle folli avventure di cui erano stati protagonisti.
Casualmente, nella conversazione spuntò uno strano argomento, così, senza
preavviso.
- Sai, Peter... quando ero nell’aldilà ho parlato con tanti nostri cari... non
posso dirtelo con certezza, ma credo fossero con me Gwen Stacy e zio Ben e
tanti nostri o tuoi amici erano lì... tante brave persone, morte
violentemente... un limbo paradisiaco.
- Ben, davvero?
- Credo di sì... solo che non so dirti molto di più... ho sensazioni vaghe,
come un sogno fatto a notte fonda… non ricordo praticamente niente. Ho solo il
retrogusto dolce di bellissime sensazioni, di affetto... specialmente per te.
- Anch’io ho sentito qualcosa, quando l’ho visitato, ma… evidentemente non ci
sono stato abbastanza…
Peter scattò in piedi.
- Ben, ascoltami: secondo te in quel limbo ci sono le anime di coloro che hanno
avuto una morte violenta?
- Non vorrei prendere una cantonata, Peter, ma credo di sì… avevamo tutti
questioni in sospeso sulla Terra che non potevamo risolvere.
- Quindi… Mary Jane potrebbe essere lì.
- Mm… probabilmente. Peter, che hai in mente? Hai una strana faccia…
- No, niente, Ben…- disse, mentre andava in un’altra stanza a riflettere per
conto proprio.
Greenwich
Village, presente.
Si era ripromesso di non indossare più il costume, ma per l’occasione fece
un’eccezione. Si stava recando nel Sancta Sanctorum del Dr. Strange, con cui
aveva chiesto di parlare il giorno precedente. Bussò tranquillamente alla
porta, incurante degli sguardi sorpresi dei passanti. Wong, l’assistente del
mago, aprì.
- Sì?
- Salve,Wong. Sono l'Uomo Ragno... avevo un appuntamento con il Dottore.
- Certo, mi segua, la sta aspettando.
Dopo pochi secondi, Spidey fu al cospetto di Stephen Strange.
- Salve, Ragno... benvenuto.
- Grazie.
- Allora, cos’era questa questione urgente di cui mi dovevi parlare?
- Devo chiederti un favore... in nome di tutte le volte che ho collaborato con
te e i...
- Non citare quel nome - disse con un insolito tono ironico.
- Hai ragione, scusa... comunque quello che devo chiederti è un viaggio in
un'altra dimensione.
- Quale? Ragno, se vuoi che ti faccia questo piacere devi dirmi le tue
intenzioni, come minimo... e darmi qualche dettaglio in più - disse il mago.
- Stephen... il favore che ti chiedo è di aprire un varco verso l'aldilà... non
uno qualsiasi... ma quello che ho visitato dopo la battaglia che combattemmo
anni fa contro i Tecnomanti.
- Qual è il tuo scopo? Entrare in contatto con qualche persona cara?
- No…- e gli spiegò cosa voleva fare.
- Ho capito a cosa miri... sfruttare un corpo ospite per riportare nel mondo
mortale un’anima. Ma il mondo dell'oltretomba è qualcosa che la mente umana non
può concepire. Nemmeno la mia conoscenza sul mondo mistico sa darmi delle
risposte precise. C'è l'inferno di Mephisto, i regni dell'oltretomba degli dei
mitologici e innumerevoli altre dimensioni. Non so nemmeno cosa comporti
violare le loro leggi metafisiche, come vorresti fare.
- Per me è importante… è un’occasione che non mi ricapiterà mai.
-Lo immagino, Ragno. Lo meriteresti davvero, con tutto quello che hai fatto per
questo pianeta da quando sei in circolazione... ho anche saputo di come hai
salvato la Terra da un attacco alieno... il gruppo WorldWatch lo ha comunicato
alla stampa.
- In effetti è così... ma vorrei sapere se sei favorevole o no.
- Peter - gli disse, pronunciando il suo vero nome come probabilmente non aveva
mai fatto - è molto romantico il fatto che tu voglia sfidare le leggi di natura
per ricongiungerti a tua moglie, ma non so se sia giusto… non so se ne hai il
diritto.
Spidey si tolse la maschera e lo guardò negli occhi, con uno sguardo
stranissimo.
- Ok, Ragno… dammi le coordinate per fare questo.
E gli disse che il corpo che gli serviva si trovava nel suo laboratorio alla
TriCorp. Strange mise una mano sul capo dell’eroe e riuscì ad individuare le
coordinate esatte. In un attimo, li teleportò al centro ricerche.
TriCorp
Foundation.
Strange e Spidey arrivarono nel laboratorio,
rimesso a nuovo a tempo record dopo l'incursione dei governativi. Li aspettò
una sorpresa. C’era Ben e stava trafficando con del sangue.
- Ehi! - disse ad alta voce Ben, quando vide i due comparire all’improvviso - Spidey, che ci fa qui… con il dr. Strange? - chiese.
- Te lo spiego dopo... ma dimmi tu che ci fai qui.
Ben gli si avvicinò e gli parlò sottovoce.
- Volevo portarti la bambina e pensavo fossi qui… poi ho visto che avevi
lasciato la tua scheda magnetica a casa e mi sono preoccupato… e sono entrato
qui con quella. Ti aspettavo, il tuo cellulare è sempre spento!
- Ben, ma che stai facendo con quel sangue?
- Peter... stavo controllando il mio sangue dopo la guarigione e...
- Dov’è May?
La bambina corse alla gamba di Ben.
- Eccola… ed è spaventata di vedervi qui.
- Ok, Ben, non complichiamo le cose. Io e Strange stiamo per andarcene. Aspetta
qui fino al nostro ritorno.
- Ma che succede? Qualche emergenza col gruppo? Potevo andarci io se…
- Niente di tutto questo.
Silenziosamente, Peter si allontanò, digitò qualcosa su dei terminali e una
capsula di stasi poco distante si aprì, portando alla luce un corpo.
- Cos'è? - chiese Ben.
- E' il corpo di Mary Jane. Un clone - rispose freddamente Peter, a cui
brillava una luce negli occhi.
- Era a questo che lavoravi in segreto da settimane?! - commentò allibito
Reilly.
- Ha funzionato con te, funzionerà con lei - gli rispose Peter.
- Non capisco…- continuava a ripetere il clone, ma sembrava impossibile fermare
Peter. Si diresse verso il corpo esanime di Mary Jane. Si avvicinò a lei e la
prese in braccio. Fece un cenno a Strange ed entrambi scomparirono.
Ben era estremamente perplesso.
- May - disse prendendo in braccio la bambina - tuo padre sta dando proprio di matto!
Sancta Sanctorum del dr. Strange.
- Direi di procedere - disse Strange. Così agitò le mani pronunciando qualche
formula sottovoce e all'interno di quel mistico luogo si aprì un varco
metafisico dal pallido bagliore. Peter lo fissava rapito. Impiegò pochi secondi
a varcarlo con il corpo di Mary Jane tra le braccia.
Era indescrivibile quello che si provava ad essere immersi in un luogo etereo
ma saturo di anime. Peter sentiva la sua mente pervasa da candide voci...
alcune familiari, altre meno. Le anime dei suoi cari che si trovavano in quel
luogo lo raggiunsero, portandolo ad un'incredibile comunione spirituale con
loro... tutti i sensi di colpa, tutti le questioni irrisolte, tutti i fardelli
accumulati... si era liberato di tutto ciò.
Tra quelle anime, anche Mary Jane. Ella poteva sentire la vicinanza di un corpo
adatto a lei, un corpo che avrebbe potuto riospitarla nel mondo terreno. Si
stava così bene lì... perché tornare indietro? Ma le bastò vedere Peter, le
bastò sapere che finalmente avrebbe potuto abbracciare sua figlia per
convincerla. La sua essenza rifluì nella sua stessa carne, rendendola viva...
quel corpo clonato aprì gli occhi, e la prima cosa che vide fu Peter.
"Tigrotto" fu la sua prima parola. Lentamente, pervaso da tutta la
tranquillità e la pace possibile, Peter fece marcia indietro e, un po'
controvoglia, riattraversò il varco verso il mondo fisico.
Strange assistette curioso all'emergere di Peter e Mary Jane dal portale. Lei
era nuda, ma l'atmosfera sfidava ogni pudore.
- Peter... ci sei riuscito - sussurrò.
- Sì...- gli rispose -Torniamo al laboratorio.
Ben, nonostante il
senso di ragno, si spaventò nuovamente per l’irruzione mistica di Spidey e
Strange. Li guardò attonito.
- Peter… quella è…- cercava di dire emozionato, mentre Peter lasciava che Mary
Jane camminasse da sola e le prendeva un vestito che aveva portato al
laboratorio per l'occasione. La ragazza lo indossò, dopodiché poté correre ad
abbracciare Ben.
- Ben! Da quanto tempo! - disse con le lacrime agli occhi - Non posso credere
di essere qui... - continuò, quando vide la piccola May, che misteriosamente la
riconobbe e le corse incontro. - May! Cielo, che bello poterti abbracciare….
Nel mentre assisteva a queste scene commoventi, Peter andò verso Stephen e lo
abbracciò.
- Strange, non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto
oggi... sono l'uomo più fortunato del mondo.
- Ti capisco, Ragno... per te è un bel momento. Spero che questo evento non
abbia ritorsioni sul piano mistico...
ora però devo andare... bentornata, signora Parker.
- Grazie, dottore… davvero.
- A presto... e grazie! - disse Peter, ma Strange, grazie ai suoi poteri
mistici, era già scomparso e tornato a casa.
- Oh Peter... sono così... eccitata! Andiamo a casa! - gridava.
- Ti accontenterò subito.
Un'ora dopo.
Mary Jane non
la smetteva di giocare con sua figlia, la quale, dal canto suo, sembrava non
esser mai stata separata da sua madre. Probabilmente il previdente Judas
Traveller l'aveva preparata anche a questo, chissà [v. "L'Uomo
Ragno"#6]. Peter era al settimo cielo, poteva stare con tutta la sua
famiglia e aveva mille cose da raccontarle. Se solo gli fossero svaniti quei
capogiri... Ben Reilly era altrettanto contento. Ma quell'atmosfera idilliaca
venne interrotta quando squillò il telefono e Peter rispose.
- Sì?
- Peter, sei tu? Sono Felicia.
- Felicia?
Era un po' che Peter non aveva contatti con Felicia Hardy, la Gatta Nera, una
sua ex-amante. Si erano intravisti durante il processo Osborn, ma non avevano
avuto occasione di parlare.
- Dimmi...
- Peter, ti sto chiamando dall'ospedale. Credo dovresti venire... Flash sta molto male.
- Flash? Cos'ha? Ha
avuto un incidente?
- No, no... ti spiegherò quando arrivi... vieni, vero?
- Arrivo prima possibile... a dopo.
Attaccò la cornetta con un'espressione amareggiata. Mary Jane gli si avvicinò
preoccupata e chiese:
- Tutto ok? Ho sentito che hai nominato Flash...
- E' in ospedale, devo andare a trovarlo...
- Vengo anch'io.
- Mary Jane, mi piacerebbe tanto averti vicino, ma... come giustificheremmo questo
tuo repentino ritorno?! Voglio dire, dobbiamo ancora inventarci qualcosa,
imbastire delle motivazioni...
- Hai ragione, tigrotto, come sempre... io e Ben rimarremo qua con la bambina.
Peter la baciò sulla fronte e la ringraziò per la comprensione. Prese al volo
una giacca e corse giù per fermare un taxi. In altri tempi avrebbe raggiunto
l'ospedale volteggiando nei panni dell'Uomo Ragno, ma dopo il ritorno delle sue
ragazze stava cercando di liberarsi della sua seconda d'identità. Quindi,
mezz'ora dopo, il taxi lo lasciò a destinazione, dopo che nella mente di Peter
erano stati rievocati un mare di ricordi, di riflessioni sul suo ambiguo e
discontinuo rapporto su Flash.
Chiese ad un'infermiera dove
poteva trovare il paziente e gli fu indicata la strada. Poco dopo, raggiunse il
reparto e la stanza che gli erano stati segnalati. Non entrò
subito, perché ad aspettarlo fuori dalla porta c'era Felicia. Non appena si
videro si abbracciarono calorosamente.
- Ciao, Peter... mi fa piacere che tu sia venuto.
- Volevo vederti in circostanze diverse... dov’è la famiglia di Flash?
- Sua sorella se n’è appena andata… voleva riposarsi.
- Capisco… ma spiegami almeno che succede.
- E' una situazione complicata... ti spiego in base a quello che mi ha raccontato
lui. Sai quel brutto momento di alcolismo che ha passato qualche anno fa... bé,
non gli è mai passato del tutto, tranne quando ha lavorato per Norman Osborn...
ma quando Osborn è scomparso dalla circolazione, le cose con Betty non andavano
troppo bene… ha perso di nuovo tutto e ha ricominciato a bere... nessuno gli
era accanto, Peter... nemmeno noi. Ha bevuto tantissimo, il suo fegato era già
in condizioni precarie... quasi in stato di cirrosi. Poi la situazione si è
aggravata..
- In che senso?
- Ha avuto il colpo di grazia quando Mysterio lo ha proiettato in un mondo
illusorio, dove tutti i suoi problemi erano spariti [v. la minisaga "Il
mondo perfetto"]... il ritorno alla realtà lo ha stroncato. Si è sentito
sempre più solo e ha cominciato a drogarsi.
- Cosa? Diamine...
- Da relativamente poco. Ma è passato a droghe sempre più pesanti... eroina,
soprattutto, e la sfortuna gli ha passato una siringa infetta.
- Oh no! Cosa? AIDS?
- No, no, qualcosa di più letale per lui... epatite. Di un tipo nuovo, mi hanno
detto. E il suo fegato non può reggere l'infezione.
- E di trapianti non se ne parla, immagino...
- Infatti. Innanzitutto non era in nessuna lista d'attesa... e soprattutto,
come avrai immaginato, trapiantare un fegato nuovo in un organismo infetto da
epatite non è una mossa indicata.
- Quindi... la situazione è irrisolvibile!
- Purtroppo sì...
- Voglio vederlo.
- Ok.
Entrarono nella stanza. Flash aveva gli occhi chiusi, ma si sentiva che non
stava dormendo. Peter lo riconobbe a malapena, perché aveva un volto scavato,
un aspetto orribile... un'immagine profondamente diversa da quella dell'adone,
sex-symbol liceale. Come era potuto succedere che un ragazzo così avvenente
potesse ridursi in quello stato?
- Flash, sei sveglio? C'è qualcuno per te...
Il malato aprì gli occhi e voltò la testa. Quando vide l'ospite, strabuzzò gli
occhi.
- Peter?!
- Ciao, Flash... come va?
- Che ci fai qui?
- Felicia mi ha detto che eri ricoverato e sono accorso subito... Flash, perché
non mi hai chiamato mesi fa, quando potevamo prevenire tutto questo?
- Peter, i nostri rapporti sono degenerati con il tempo... io che lavoravo con
Osborn e tu che invece lo odiavi... e solo dopo il processo ho capito perché.
Non ci siamo più sentiti e non volevo disturbarti... avevi tua moglie, tua
zia...
- Non significa niente... è colpa di entrambi, dovevamo continuare a sentirci,
solo che la vita spegne spesso le amicizie di lunga data...
Felicia li interruppe.
- Ragazzi, smettetela di fare questi discorsi tristi - disse cercando di
risollevare il morale dei due.
- Hai ragione, Felicia... Flash, vuoi che chiami Betty?
- No, te lo chiedo come favore... non voglio né che mi veda in questo stato, né
voglio litigarci...è un capitolo chiuso.
- E come mai invece hai chiamato Felicia? - chiese in maniera abbastanza
indiscreta Peter. Infatti egli sapeva, da quello che essi stessi avevano
confidato, che Felicia e Flash chiusero in malo modo la relazione che avevano
qualche anno prima... lei gli aveva chiesto di impegnarsi, ma lui le aveva
confessato di stare con lei solo perché era la Gatta Nera, anche se lei
ignorava che lui lo sapesse. Per questo quella domanda gli venne spontanea.
- Ehm... non so, è la prima persona che mi è venuta in mente. E sapevo che
sarebbe venuta sola. Non avrei mai avuto il coraggio di chiamare Betty o altri.
- I dottori che dicono?
- Che bisogna solo aspettare... sinceramente non vedo l'ora di andare in un
posto migliore. Non sopporto di vedermi in questo stato.
- Flash! Queste cose non si dicono neanche per scherzo! - lo redarguì Felicia.
- Ha ragione... non ci devi neanche pensare... non sei un malato terminale -
seguì a ruota Parker.
- Eccome se lo sono... e comunque, Hardy, non stavo affatto scherzando.
Calò un silenzio di tomba nella stanza. Ci fu qualche momento per pensare e
Peter ne approfittò per prendere una decisione abbastanza importante. Aveva già
fatto una cosa simile in passato, per un bambino, suo fan, in fin di vita. E
pensava che ripetere quel gesto con Flash sarebbe stata una buona idea...
- Flash... io devo confessarti una cosa. So che non ci crederai, so che
potrebbe anche farti del male, ma spero di no... e Felicia può confermartelo -
e lei lo guardò perplessa - ... io sono l'Uomo Ragno.
Flash e Felicia lo guardarono con gli occhi sbarrati. Dopo qualche secondo,
Flash scoppiò a ridere e contagiò il riso ai suoi due amici.
- Cosa non ti saresti inventato per risollevarmi il morale, eh? - cercò di dire
il malato tra le risate.
- Sapevo che non ci avresti creduto - sorrise Peter.
- E invece ci credo... eccome - disse Flash, smorzando l'atmosfera allegra.
- Cosa? - dissero all'unisono Peter e Felicia.
- Lo sospettavo ma non lo ritenevo possibile. Ma in effetti, il processo Osborn
sotto questa luce ha molto più senso...
Peter non parlò. Flash alzò con fatica un braccio e gli diede una pacca sulla
spalla.
- Sono fiero di te, Peter... sarei voluto essere te.
A quella frase, che rivoltava da capo a piedi gran parte della sua esistenza,
Peter si commosse e abbracciò l'amico.
- Ti assicuro che non è bello come sembra - gli sussurrò all'orecchio.
- Tutti i tuoi problemi si risolvono... vedrai che, come sono tornati tua
figlia e tuo cugino, tornerà anche Mary Jane - e Peter si sentì in difetto,
perché non poteva rivelargli che era già successo.
Anche Felicia era commossa per quella scena, che però, venne bruscamente
interrotta quando una strana figura si materializzò nella stanza. Peter lo
riconobbe perché l'aveva già incontrato una volta, sempre in un ospedale... era
Deathurge, il Latore di Morte, che soddisfava il desiderio di morte dei
moribondi.
- Tu che ci fai qui? - gli gridò Peter.
- Peter, chi è quello?! - chiese preoccupata la Gatta Nera.
- Quell'uomo sul letto ha chiesto di morire e sarà accontentato, Uomo Ragno -
sentenziò.
- Non te lo permetterò - mugugnò Peter balzandogli addosso. Un pugno ben
assestato di Deathurge lo scaraventò sulla parete. Felicia era paralizzata, non
sapeva con chi aveva a che fare. Così, i due eroi non poterono far niente per
rimandare l'inevitabile. Deathurge si avvicinò a Flash Thompson, il quale alla
sua presenza sospirò... non stava soffrendo. Riuscì a sussurrare "Vi
voglio bene, ragazzi" e poi i suoi segni vitali si azzerarono. Flash aveva
ancora gli occhi aperti e commossi.
- Ragno, non potevi fare niente per fermarmi… servo la volontà di Oblio… e per
una vita che ti sei ripreso, una ti è stata sottratta - disse Deathurge
scomparendo.
Peter e Felicia accorsero al
letto.
- Chiama qualcuno! - gridò Peter mentre tentava di usare la sua forza di ragno
per un massaggio cardiaco, ma invano. Quando arrivarono i medici, dopo un paio
di controlli dichiararono l'ora del decesso.
Peter e Felicia erano fuori della stanza, avvinghiati l'uno all'altro,
singhiozzando per le lacrime. Peter era attanagliato dai rimpianti. Come era
stato per suo zio Ben, per George e Gwen Stacy e per tutti gli altri. Avrebbe
potuto fare qualcosa per evitare la tragedia... avrebbe potuto chiamare Flash,
anni prima, e mantenere i contatti con lui. O avrebbe potuto ridargli la salute
con la sua scoperta, distrutta per colpa dei governativi. Avrebbe potuto
condividere innumerevoli momenti con l'amico che ora piangeva e rimpiangeva. E
la frase con cui si era congedato il Latore di Morte non aiutava certo la sua
coscienza. Davvero Flash doveva morire per bilanciare un equilibrio metafisico,
spezzato per il ritorno di Mary Jane dall'oltretomba? Il Dr. Strange stesso
aveva detto che non sapeva quali sarebbero state le conseguenze di quel gesto.
Quando non ci furono più lacrime da versare, Felicia avvertì i familiari di Flash
e Peter chiamò casa dal telefonino, comunicando la triste novella. Mary Jane
scoppiò in lacrime al telefono, passando la cornetta a Ben. Anche lui fu
colpito da un amarezza infinita, perché nei ricordi che condivideva con Peter
c'era anche Flash Thompson.
Qualche ora dopo, al Ravencroft
Institute.
- E questo è quanto, Ashley... sono letteralmente sconvolto... ultimamente sto
avendo giornate così intense che basterebbero per una vita...- diceva Peter alla
sua psicoterapeuta, la dr.ssa Kafka, dopo averle raccontato come erano andate
le sue ultime giornate.
- Ti capisco, Peter... rimango anch'io colpita dai tuoi resoconti. E' anche
normale che devi ancora elaborare tutto quello che è successo, il tradimento e
la scomparsa di Otto, il ritorno di tua moglie, la morte del tuo amico Flash...
e tutto il resto...
- Ora dovrei parlare con Norman Osborn... posso? - chiese gentilmente Peter.
- Con Norman? Perché? - chiese altrettanto Ashley, ma vedendo lo sguardo basso
e discreto di Peter, fece semplicemente un cenno affermativo con la
testa.
Peter odiava quell'uomo per
quello che gli aveva fatto, ma era soddisfatto perché era riuscito a superare
tutto quello che gli aveva fatto... a parte Gwen Stacy, tutti coloro che gli
aveva tolto erano di nuovo con lui. Ma anche questo generava certi problemi...
di natura burocratico-legale, più che altro. Per questo Peter aveva intenzione
di far leva sul condizionamento psichico operato da Judas Traveller [v.
"L'Uomo Ragno"#6] per rattoppare la situazione.
- Ciao, Norman.
- Peter...
- Sai, Norman, dovresti farmi un piacere... e credo che tu me lo debba. Oggi
non sono di ottimo umore, perché qualche ora fa mi è morto davanti agli occhi
Flash Thompson.
- Uh, che bella notizia! Ti ringrazio! Davvero.
- Ma sono felice perché qualche ora prima Mary Jane è tornata tra le mie
braccia.
Lo sguardo di Goblin si fece interessato e sorpreso.
- Magia, Norman... e ora devi mettere la ciliegina sulla torta.
Solitamente non era quello l'atteggiamento usato da Peter, ma dopo quello che
aveva passato e, soprattutto, vedere così inerme il suo nemico lo stuzzicava.
- Devi chiedere un colloquio con le autorità... e confesserai di aver tenuto
prigionieri anche Ben Reilly e Mary Jane... e che hai mentito su di loro
al processo perché non sei mai abbastanza soddisfatto delle vendette dei miei
confronti.
- Ti odio, Parker. Dal profondo del cuore. Quando quest'incubo sarà finito,
quello che ti ho fatto in questi anni sarà solo un bel ricordo di un passato
migliore, per te... dovessi evocare Satana stesso.
Peter non rispose. Si voltò e andò verso casa.
Attico dei Parker, poco dopo.
- Sono
letteralmente distrutto... ragazzi, io ho bisogno di dormire... e pensare che
non sono stato in giro a volteggiare - si lamentava Peter.
- Ok, Peter, vai pure... qui stiamo andando tutti a nanna - gli rispose Reilly
- Ah, Peter, prima di andare a letto... scusami, sai, con tutto il trambusto
che c'è stato mi sono dimenticato di dirtelo e nel laboratorio mi hai trattato
freddamente, preso dalla storia di Mary Jane...
- Hai ragione, scusami, ma ero completamente preso…
- Ti scuso… ma c’è una cosa che devi sapere. Stavo analizzando il mio sangue e
ho scoperto qualcosa di sconvolgente.
Ben rimase qualche secondo in silenzio.
- …scusa, cosa c'era di così sconvolgente nel tuo sangue?
Poi il clone disse: - La cura... i corpuscoli... mi hanno fatto diventare un
mutante.
Il mattino dopo.
- Avete letto il giornale di oggi? - chiedeva Peter Parker a sua moglie e al
suo clone.
- No, perché? - rispondeva Ben Reilly. Peter gli lanciò la copia del quotidiano
e Ben la raccolse prontamente grazie ai suoi riflessi. Lanciando un’occhiata
alla prima pagina, capì subito cosa volesse fargli leggere Peter… il suo
sguardo cadde sul titolo dell’articolo principale:
La
Modella Mary Jane E Il Cugino Ben Reilly rapiti
Le Verità Nascoste
Osborn Svela Il Suo Ennesimo Attacco Ai Parker
- Quindi la notizia è già su
tutti i mass-media, anche se Norman ha confessato solo ieri - disse Mary Jane,
che dalle spalle di Reilly cercava di leggere l’articolo.
- Meglio così… ci tengo a venire al funerale di Flash.
- Ma dovremo sorbirci un terzo grado da far paura! - la avvisò suo marito.
- Ne sono perfettamente consapevole, tigrotto… ma prima o poi avremmo dovuto
affrontare la società. E oggi è l’occasione giusta, anche se ne avrei preferita
un’altra. E poi ormai ho dato lì appuntamento alla mia famiglia… zia Anna
rischiava un colpo quando l’ho avvisata che quello che aveva sentito al
telegiornale era vero. Non vede l’ora di abbracciarmi.
- Sono contento che tu sia così entusiasta di andare ad un funerale - fece
dell’ironia Ben Reilly, mentre finiva di leggere il pezzo su di loro. - Cavolo,
quante bufale si è dovuto inventare Normie - continuava.
- Ma la bambina? - disse Peter rivolgendosi a sua moglie.
- La porteremo con noi… tanto non è ancora in grado di capire completamente la
situazione, non ci soffrirà.
- Non ne sono molto convinto.
- Peter, sono appena tornata dalla morte… voglio passare con lei più tempo
possibile.
Qualche ora dopo…
Avevano fatto apposta ad entrare in ritardo alla cerimonia in chiesa, così da
rimandare a dopo l’interrogatorio. Si sedettero all’ultima panca, non visti.
“Sta iniziando” bisbigliò Ben.
Ascoltarono la straziante cerimonia con attenzione e con occhi lucidi. Poi
Peter venne chiamato sull’altare per fare un discorso. “Lo faccio solo per la
memoria di Flash… odio essere al centro dell’attenzione” ripeteva.
Tutti i partecipanti guardarono curiosi il fondo dell’edificio sacro, fissando
in maniera imbarazzante i Parker. Peter, incurante di tutto, si alzò, percorse
la navata a testa alta e si posizionò al microfono.
- Non so se è giusto che io sia qui a parlare oggi. Eugene Thompson era uno dei
miei migliori amici, certo. Ma so cosa starete pensando. ‘Peter Parker ha
almeno riavuto la sua famiglia, di che si lamenta?’. Anche questo è vero. Ma
questo non significa che io non stia male da cani, da due giorni a questa
parte. Ricordo ancora il difficile rapporto che io e Flash avevamo ai tempi
della scuola. E sembra quasi un miracolo il rapporto che si è instaurato pian
piano. Scoprii con sommo piacere che dietro l’apparenza di bullo c’era una
persona splendida… e non lo dico solo perché ora non c’è più. Scoprii un Flash
umano e fragile come chiunque di noi… forse anche di più, visto che ora si
trova in quella bara. E non lo meritava. E’ stato una tassello fondamentale
della mia esistenza. Per questo rimpiango di non essergli stato accanto in
questi mesi. Di non averlo sostenuto nella sua lotta con l’alcol. Di non
essermi accorto della depressione in cui era caduto. Non aveva più nessuno e
questo non può che farci riflettere. La sua vita è stata stroncata così
precocemente… cerchiamo almeno di conservare i ricordi migliori che abbiamo di
lui.
Un forzato applauso risuonò nella chiesa, mentre Peter tornava a sedersi.
Durante il corteo, la sparuta folla non resistette alla tentazione di
spettegolare. J. Jonah Jameson e Robbie Robertson furono i primi a
riavvicinarsi ai Parker. Senza neanche salutarsi, abbracciarono tutti.
- Mary Jane… è incredibile vederti - diceva il nero.
- Credimi, per me è lo stesso - gli rispondeva la rossa.
- Ma questa bambina è bellissima!
- Grazie…
- Peter, hai visto? Il fato ti ha ricompensato per la sfortuna che hai dovuto
subire…
Peter non sapeva che dire.
- Ragazzo, sei scomparso dalla circolazione - lo rimproverava il capo del
Bugle.
- Ha ragione, Jonah… ma, come sa, è successo di tutto in questi mesi.
- Lo so, figliolo… finalmente quel diavolo di un Norman Osborn ha avuto quello
che si meritava… ma non avrei immaginato che si fosse accanito in quel modo
contro di te… senza motivo, tra l’altro.
- Purtroppo è riuscito a farmi passare i momenti peggiori della mia vita… anche
se la morte di Flash è una delle poche tragedie in cui non c’è il suo zampino.
- Quel bravo ragazzo… certo, era diventato il galoppino di Osborn, ma in fondo…
- Certo che è incredibile - continuava Robbie con Mary Jane e Ben.
- A chi lo dici…- gli rispondevano.
Poi Peter vide altre persone che doveva salutare. E si fece forza per
affrontare i fantasmi del passato che con tanta fatica aveva sconfitto.
- Felicia… come stai?
- Ciao, Peter… come vuoi che stia? Non ci credo ancora che Flash è morto.
- Io cerco di farmene una ragione.
- Peter… sono contenta per Mary Jane e Ben… davvero.
- Grazie.
- Anzi, credo sia il caso che io li vada a salutare, anche la cosa mi inquieta
un po’.
- Va’ pure… riprendiamo dopo - e la vide abbracciare timorosamente sua moglie e
Reilly. Erano in buoni rapporti, prima che morissero. Felicia aveva aiutato
Mary Jane ad affrontare tutta la storia del clone e Ben le aveva raccontato che
era nato un certo feeling tra loro.
Ma era il momento di affrontare fantasmi peggiori, durante quell’interminabile
corteo.
- Ciao, Betty…
- Peter…- rispose Betty Brant.
- È un po’ che non ci si vede.
- Sì…
- Come hai preso questa storia di Flash?
- Secondo te?
- Voglio dire… con tutte le questioni irrisolte fra di voi…
- Ascolta, Peter, non è il caso di rinvangare certi discorsi… sto male per
Flash, punto e basta. Che i rimpianti abbiano il loro ruolo in tutto questo, è
affar mio…
- Scusa, non volevo essere indiscreto.
- Lo so, Peter, non volevo essere acida… comunque auguri per il ritorno di Mary
Jane e della bambina.
- Grazie… scusa ma devo salutare una persona…- e si allontanò di poco. - Liz!
Elisabeth Allen Osborn voltò appena la testa.
- Ciao - fu la sua tiepida risposta.
- Inaspettata, questa tragedia - esordì banalmente Peter.
- Vero… di solito quando ci sei tu le tragedie sono annunciate.
Peter non sapeva che ribattere ad una frase del genere.
- Peter, scusa la franchezza, ma ho paura a frequentarti. Ho saputo tutto
quello che ha combinato mio suocero, so quanto volevi bene a Harry, ma… quando
si tratta di te, c’è sempre una scia di guai. Harry è morto. Per non parlare di
Norman, che ha rapito per l’ennesima volta il piccolo Normie, prima del
processo.
- Lo so.
- Appunto.
- Ti ricordo che ha rapito le persone a me più care.
- Lo so… ma non è la tua azienda a essere sotto inchiesta dopo quel dissacrante
processo… anzi, hai avuto anche la tua parte.
- Ok, Liz, se non vuoi avere più contatti con me, ti accontenterò, non voglio
obbligarti - e tornò amareggiato dalla sua famiglia. Mentre il corteo stava per
finire, poté osservare il dolore dei familiari e degli amici di Flash… e non
poteva fare a meno di chiedersi dov’erano tutti quando c’era bisogno di loro.
Ma con educazione, andò a fare loro le condoglianze.
Nella sepoltura le lacrime si moltiplicarono. Betty, Liz, Mary Jane, la sorella
e la madre di Flash… il lutto le colpiva nelle fibre più sensibili del loro
animo. Gli stoici uomini soffrivano in silenzio.
Così Peter diede un ultimo saluto a Eugene “Flash” Thompson, e con lui al suo
passato.
- Mary Jane!! -
gridava una voce anziana, alla fine della cerimonia. Zia Anna era arrivata in
città e li aveva raggiunti. E con lei il padre Philip e la sorella Gayle. Si
allontanò da Peter e li raggiunse. Li poteva vedere abbracciarsi gioiosamente.
Forse il suo inaspettato ritorno era la giusta occasione per migliorare i
rapporti con suo padre. Il fatto che fosse tornato a New York per vederla era un
ottimo segno, anche se dopo sarebbero tutti tornati a casa per continuare le
proprie vite indipendenti. Da lontano poteva vedere chiacchierare anche Ben
Reilly e Betty Brant. Era naturale, visto che iniziavano a frequentarsi poco
prima che egli morisse, avevano bisogno di chiudere formalmente quel capitolo
bruscamente interrotto.
Peter li lasciò fare e non si lasciò sfuggire l’occasione di salutare ancora una volta i suoi
zii, pilastri portanti della sua vita. Davanti alle lapidi di May e Ben, gli
venne un magone. Pensava ai funerali di Paul Stacy e May celebrati solo qualche
settimana prima. “Quante persone dovrò sotterrare?” pensava. E lo inquietava il
pensiero che sotto quella strana lapide di May Reilly Parker, che citava due
date di morte, c’erano altrettante bare… una per la donna che lo aveva
cresciuto e una per il clone che lo aveva sostenuto prima e dopo la morte di
Mary Jane. Aveva avuto almeno quella possibilità, ma non aveva pianto
abbastanza la seconda perdita di sua zia. E si rese conto che era sbagliato.
Solo perché era un clone non meritava di essere rimpianta? Ben era lì, a
testimoniare che i cloni sono umani in tutto e per tutto, che hanno anche
un’anima. E così, si sfogò in un finale, pianto liberatorio.
Note
Sono soddisfatto di aver risolto, dopo ben nove
episodi, tutte le maggiori questioni in sospeso delle serie ufficiali, così da
potermi dedicare nei prossimi episodi ai nuovi risvolti delle storie Marvel IT.
Gli appunti che devo farvi sono:
a) ho lasciato la doppia nomenclatura per Deathurge/Latore di morte,
per rispettare il senso originale del nome e per non disorientare trascurando
l’adattamento italiano;
b)
l’idea di associare il personaggio a Oblio è di Fabio,
per giustificare il fatto che Deathurge conosceva l’identità di Peter.
Capitolo decimo
ATTI DI VENDETTA
Il funerale di
Flash Thompson era stato uno strazio. Aveva costretto Peter non solo a
rievocare il dolore per la fugace morte dell’amico, tanto fugace da non avergli
dato il tempo di elaborare razionalmente l’evento – aveva rivisto Flash per
pochissimi minuti dopo mesi - ma anche ad affrontare i fantasmi della sua
vecchia vita… ossia, tutti coloro che avevano partecipato alla sepoltura e che
Spidey non vedeva da tempo… Liz Allen, Betty Brant… aveva scambiato con loro
pochissime e crude parole… erano cambiate troppe cose tra di loro.
Inoltre, era da poco trapelata la notizia dell’inaspettata confessione di
Norman Osborn. Erano tutti molto scettici riguardo questa questione e anche un
po’ invidiosi… perché Peter Parker doveva avere il privilegio di poter
riabbracciare i suoi cari perduti?
Pete pensava anche a questo. Il gesto che aveva compiuto con Mary Jane gli
conferiva, dentro di sé, un’aria di onnipotenza… poter riportare in vita i
morti. Ma poi si rese conto che era solo un’eccezione. Tutto era stato
possibile perché Spidey aveva scoperto, negli archivi di Osborn, la completa
mappa genetica di Mary Jane (probabilmente fornita dal defunto Seward Trainer).
E inoltre, anche se avesse avuto il genoma di altre persone da resuscitare, il
dr. Strange non sarebbe stato così benevolo un’altra volta.
Come se non bastasse, Ben aveva scoperto di essere diventato un mutante… in realtà la famosa
cura miracolosa a cui si era sottoposto aveva inscritto i suoi poteri in un cromosoma X… quindi, se le
Sentinelle avessero attaccato New York come nell’assedio di Onslaught, lo
avrebbero classificato come “mutante”. E lo stesso poteva succedere a Peter,
una volta stabilizzatosi…
Dopo il funerale, cercò di scacciare tutti questi pensieri dalla sua mente. Ora
che la sua famiglia era stata riunita, Peter pensava di potersi prendersi il
lusso di abbandonare una volta per tutte la sua carriera come Uomo Ragno e di
passare il testimone al suo clone Ben Reilly. Ma quest’ultimo non era troppo
d’accordo.
- Cosa? Non vuoi fare l’Uomo Ragno? - chiedeva con un alto tono di voce Parker.
- Scusami, perché dovrei? Prima pensavo di essere l'Uomo Ragno originale… in
questa mia nuova vita sono perfettamente consapevole di essere un clone con i
tuoi ricordi… e sottolineo ricordi. Io non ho colpe da espiare… non ho
causato indirettamente la morte di Ben Parker. La mia vita è falsa, non ho
nulla per cui combattere. Devo solo godermi questa esistenza… se un giorno
troverò un buon motivo per dire “Devo tornare a essere l’Uomo Ragno” lo farò.
Ma ora come ora…
- Ben, non posso credere che tu stia parlando così… anzi, so perché lo stai
facendo. E’ normale… io mi rivolgo a te come Ben, ma nel corpo che io vedo
convivono il nobile Ben Reilly e il decaduto Kaine…
- Non so se sia questo il motivo, Peter.
- Ma tu sei stato il Ragno Rosso anche prima di convincerti che non eri un
clone!
- Se ti può far star meglio, ci penserò.
Peter se ne andò amareggiato, verso la TriCorp.
Ravencroft Institute, cella di
Goblin.
Peter Parker si
era ricostruito una vita sulle sue spalle. Aveva conquistato un nome, una
reputazione grazie al processo. Viveva di rendita grazie ai suoi soldi. Lo
costringeva a confessare ciò che voleva e gli impediva di sputtanare i suoi segreti.
Aveva fatto rinascere la Watson e Reilly con il materiale dei suoi scienziati.
E nonostante tutto il rancore che provava, Norman Osborn era completamente
inerme.
In una cella vicina…
Eddie Brock viveva ancora dentro
di lui. Gli parlava e lo ossessionava. Era l’unica sua vittima che lottava
ancora per la propria vita. Ma Carnage pensava solo a come uscire di lì. Il
simbionte si era riposato e ricaricato. Stava raccogliendo le forze. Più
passava il tempo sul pianeta Terra, più le sue capacità aumentavano. Privilegio
di un essere della sua specie nato su un pianeta alieno. Prima era riuscito ad
alterare il flusso sanguigno del proprio ospite in modo da potersi rigenerare
sempre. Poi era diventato immune alle onde sonore. In seguito, aveva imparato
ad assorbire i suoi simili. E chissà quale altro potere stava sviluppando, in
quel momento, soprattutto dopo essere stato potenziato dall’assorbimento di
altri sei simbionti [v. “L’Uomo Ragno”#1].
Nel frattempo, l’alieno aveva
deciso che era tempo di darsi da fare. Il suo ospite veniva sempre più divorato
dal cancro e, per quanto potente, non voleva o non poteva fare niente per
aiutarlo. Aveva avuto un ottimo rapporto con l’omicida, ma prima o poi tutte le
relazioni finiscono. Aveva bisogno di qualcuno sano, potente e, soprattutto,
che non lo costringesse in una cella periodicamente. Sentiva che in quel luogo
c’era qualcuno adatto a lui… l’ospite perfetto. Per questo, shockandolo, si
separò completamente da Kasady, nonostante tutta la dopamina che scorreva nelle
sue vene.
- No! Non lasciarmi! Perché lo fai? - gridava Cletus, ma, essendo la stanza
insonorizzata [v. “L’Uomo Ragno”#3] nessuno poteva sentirlo. Non era come le
altre volte… il killer sentiva che stavolta era definitivo. Sentiva le sue
carni lacerarsi come quando avvenne la loro prima fusione. Il simbionte
concentrò tutta la sua massa in un piccolo filamento e cominciò a picchiettare
potentemente in un punto – sempre lo stesso – del vetro infrangibile che lo
separava dal mondo libero. Sempre più forte. Finché non ebbe l’effetto sperato:
si formò una microscopica crepa che gli permetteva di fuggire. Non suonò nessun
allarme: evidentemente il danno era troppo inconsistente. Inoltre, le guardie
che monitoravano era alquanto… distratte.
L’alieno, superato persino lo
schermo a microonde – con una notevole dimostrazione di resistenza al dolore e
al calore - andò nella direzione che gli indicava l’istinto. Si fermò davanti
alla porta ermetica di una cella vicina. Era lì il suo obiettivo. La cella non
era protetta come la sua, quindi vi entrò facilmente…
Norman Osborn rimase molto colpito nel vedere penetrare nella sua angusta
dimora la creatura.
- Che ci fai qui? Che vuoi da me? - sussurrò Goblin. Però l’affinità tra i due,
nonostante le diffidenze, venne a galla. Entrambi odiavano l’Uomo Ragno più di
qualsiasi cosa al mondo. Erano tutti e due molto potenti… d’altronde, erano i
peggiori nemici dell’eroe. Insieme cosa avrebbero potuto combinare?
La fusione non fu indolore per nessuno dei due. Ma una volta conclusa, il senso
di potenza che pervadeva entrambi gli esseri era incontenibile. Il nuovo
Goblin, per dare un primo sfogo alla sua rabbia repressa, sfondò la porta della
sua cella, mettendo tutti in allarme.
- Presto! La cella di Goblin si è aperta! - gridava John Jameson, capo della
sicurezza. Shriek, gli ex Vermin, Carrion e Uomo Lupo accorsero per
l’emergenza. Quello che videro gli sconvolse.
In confronto al nuovo look di Goblin, sia l’ultimo, mefistofelico, design del
suo costume [v.”L’Uomo Ragno”#6] sia il demoniaco Demogoblin sembravano teneri…
roba per bambini. Il simbionte aveva assunto toni verdastri e
violacei…l’espressione di Goblin era diabolica, con denti aguzzissimi e una
lingua biforcuta.
I quattro si fermarono scossi, poi partirono all’attacco. Ovviamente Shriek
tentò di fermare la nuova minaccia con il suo più potente colpo sonico, che non
ebbe alcun effetto sull’indenne Goblin.
- Non mi fermerete - disse. Dal suo corpo partirono centinaia di filamenti che
avvolsero il corpo di sicurezza del Ravencroft soffocandolo e facendo perdere i
sensi ai suoi membri. Fortunatamente, Norman Osborn era ancora abbastanza
lucido da evitare di ucciderli.
Purtroppo per lei, la dottoressa Ashley Kafka arrivò sulla scena preoccupata.
- Per il cielo! - gridò vedendo il mostruoso Goblin e i corpi svenuti dei suoi
ex pazienti. Goblin si limitò a darle un potentissimo pugno che la scaraventò
violentemente sulla parete. Sfruttando poi le capacità mimetiche dell’alieno,
Osborn assunse le sembianze di un anonimo essere umano e uscì indisturbato
dall’Istituto.
Dopo pochi minuti, Ashley raccolse le forze e si alzò. Si mosse lentamente
verso il telefono e alzò la cornetta. Il primo numero che compose fu quello del
cellulare dell’Uomo Ragno.
- Pronto?
- Peter, sono Ashley - disse con un tono tristissimo.
- Che è ti è successo?
- Peter… Goblin è scappato… non ne sono sicura, ma credo sia legato ad un
simbionte alieno.
- Cosa?
- Tu dove sei?
- Al laboratorio.
- Corri a casa… se ho capito la psicologia di Norman Osborn, non perderà tempo
a tormentare i tuoi familiari… vai, mentre chiamo aiuto.
Abbassò la cornetta e
digitò il numero privato delle emergenze del Ravencroft, che era collegato con
i Fantastici Quattro e i Vendicatori. Sperava che, per una volta, qualcuno ci
fosse. Fortunatamente, nel capannone del molo 4, qualcuno rispose.
- Sì?
- Sono Ashley Kafka del Ravencroft… chiamo per un’emergenza! Con chi parlo?
- Sono Johnny Storm.. mi dica, dottoressa.
- Sono scappati Goblin e Carnage… si sono alleati. Credo attaccheranno la
famiglia Parker… sa di chi parlo? Il processo Osborn…
- Sì, era coinvolto anche l’Uomo Ragno… è sicura che Goblin sia diretto lì?
- No, ma è meglio proteggerli.
- Capisco… mi metterò subito all’opera… mi dia l’indirizzo.
La Cosa era l’unico membro del
gruppo non indaffarato in quel momento. Chiese alla Torcia Umana cos’era
successo e Johnny glielo spiegò. - Me la caverò da solo… Carnage è sensibile al
fuoco. E poi volando ci arriverò in pochissimo tempo! Tu resta in ascolto…
potrei aver bisogno di aiuto!
- Come vuoi, testa calda… ma Sue non sarà d’accordo.
- Occhi blu, adesso non ho tempo per queste cose… l’orologio cammina! Fiamma! -
furono le sue parole, mentre spiccava il volo.
Spidey era agitatissimo. Se Goblin si era alleato con un simbionte, tutto
poteva essere perduto. Casa sembrava non arrivare mai.
Ma qualcosa gli diede tempo prezioso. Durante il suo tranquillo viaggio verso
casa Parker, qualcosa distrasse Goblin. Venom. Continuava ad urlare nella sua
testa… sperava nella vittoria, dopo la separazione da Kasady. Norman,
spazientito, si appartò in un vicolo per risolvere la questione. Lì, c’erano
proprio due homeless che facevano al caso suo. Quando lo videro parlare
da solo, uno dei due chiese:
- Ehi, amico, tutto bene?
In tutta risposta, Norman si trasformò in Goblin e li avvolse con un’estensione
dell’alieno, senza neanche lasciar loro il tempo di gridare. Il simbionte
scarlatto si opponeva a quel processo, ardentemente, ma in quel momento la
volontà di Osborn prevaleva. Quando ritrasse i filamenti, al posto dei due
senzatetto c’era… Venom!
Carnage si era opposto alla liberazione del suo padre biologico, nonché peggior
nemico insieme all’Uomo Ragno. Ma Goblin era semplicemente seccato di quella
voce che rimbombava nella mente. E aveva deciso di usare quei due umani come
materiale biologico per la liberazione di Venom… simbionte ed essere umano
compresi!
”Non preoccuparti, amico… Eddie Brock non ci nuocerà” disse, riassumendo
sembianze umane e riprendendo la sua “passeggiata”, lasciando un Brock privo di
sensi tra i cartoni.
Poco dopo, Peter rientrò a casa.
- Ciao, ragazzi - disse a tutti. Mary Jane, May e Ben gli andarono incontro.
- Ciao! Cos’è successo? Perché sei già di ritorno? - chiese preoccupata Mary
Jane.
- Problemi? - aggiunse Ben.
- No… nessun problema - disse con un timbro di voce uniforme Peter,
mentre appendeva il suo cappotto -Avevo solo voglia di vedervi… scusate, vado
un attimo in bagno - e si congedò.
Sua moglie e il suo clone si sedettero nuovamente sul divano del soggiorno, ad
ammirare New York dalla vetrata dell’attico.
- Non ti sembra strano Peter oggi? - sussurrò Mary Jane.
- Sì… il mio senso di ragno non è scattato, ma avverto qualcosa… ma non saprei
proprio! Forse è una giornata no!
- Parlate di me? - disse una voce familiare alle spalle… e non era la voce di
Peter Parker.
Ben e Mary Jane stavano seriamente rischiando di morire di infarto quando,
istantaneamente, si voltarono e videro Norman Osborn dietro di loro. Mary Jane,
con la bambina in braccio, si alzò e indietreggiò, balbettando e farfugliando
qualcosa. Temeva per la vita della piccola May. Dal canto suo, Ben Reilly
scattò in piedi e con falso coraggio (in fondo si trovava di fronte all’uomo
che l’aveva massacrato e ucciso!) disse:
- Norman, che ci fai qui?
Goblin rispose.
- Sono solo venuto a trovarvi… perché vi scaldate tanto? - ma il suo sorriso
inquietante rivelava le sue intenzioni. Ancora di più quando i suoi tratti
mutarono, assumendo quelli più terrorizzanti del nuovo Goblin. I filamenti
dell’alieno fecero il resto: i due cloni ne vennero avvolti e vennero
scaraventati qua e là per la stanza. Le urla non lasciavano indifferenti… il
pianto della bambina neanche, e Mr. Osborn ci godeva. “La bambina mi serve
viva” diceva tra sé.
Peter, stavolta, rientrò davvero a casa. Ma quando arrivò in quella stanza, non
voleva credere alla tragica scena che gli si parava dinanzi agli occhi.
“No” fu il suo unico pensiero, nel vedere concretizzati i suoi peggiori incubi.
- Benvenuto alla festa, mio carissimo amico - erano le sarcastiche parole di
Goblin.
- Lasciali.
Gli saltò addosso, colpendolo con un destro, ma non ebbe nessun effetto. Goblin
era inamovibile. Il mostro si limitò ad avvolgerlo con i suoi ennesimi
filamenti. Raramente l’Uomo Ragno si era sentito così inerme contro un nemico.
Come se non bastasse, gli girava la testa, come succedeva da giorni.
Per fortuna, una mano non tardò ad arrivare.
Improvvisamente, una luce invase la stanza dall’esterno. Era arrivata la Torcia
Umana: era fuori della vetrata e gridava un ultimatum al mostro.
- Lasciali, Goblin, se non vuoi che ti riduca in cenere - gridò, abbastanza
melodrammaticamente.
- Non prendo ordini da nessuno - rispose lo smisurato ego di Norman.
- L’hai voluto tu - replicò Johnny. Usò sapientemente i suoi poteri calorifici
per fondere una “fetta” di vetrata abbastanza grossa da permettergli di
entrare.
- Vieni pure, sei invitato ad entrare.
L’incauto Storm fece per planare all’interno dell’appartamento, ma Goblin fu
più veloce di lui. Dal suo simbionte partirono migliaia di filamenti di
un’appiccicosissima ragnatela, che imbrigliarono la Torcia Umana nella
finestra.
- No! - cercava di divincolarsi l’eroe.
- E’ inutile che cerchi di liberartene. Più ti muoverai, più ne verrai involto
[un no-prize a chi scopre l’autocitazione! NdMickey]. Inutile provare
con la fiamma: è ignifugo.
La Torcia non riusciva a spiegarsi come un essere pirofobo potesse produrre una
sostanza ignifuga, ma le sue parole erano alquanto fondate. Contorcendosi,
Johnny stava soffocando sia se stesso che la sua fiamma.
Distratto dalla sfida del membro dei Fantastici Quattro, Norman aveva lasciato
la presa sulle sue vittime. Mary Jane era svenuta, mentre la fisionomia più
forte dei due Ragni aveva fatto loro conservare i sensi. Così non persero
tempo, presero in braccio le due ragazze e si avviarono nel corridoio per
raggiungere l’uscita, in modo da portarle in salvo. Il sadico Goblin li fece
arrivare fino alla porta, ma spense i loro ardori sparando, con precisione
incredibile, una tela che incollò la mano di Peter alla maniglia e l’intera
porta al muro, impedendo la fuga.
- Mi offendete, se pensate che sia così ingenuo… arrivo subito da voi, il vostro
paladino è fuori gioco… fra poco per sempre.
La Torcia Umana non poteva finire in quel modo, soffocato e strangolato da una
sovrabbondante ragnatela viva (che avesse un legame psichico con il simbionte?
Che avesse sviluppato questa nuova capacità?). La situazione, però, era
tragica.
Non poteva non tornargli in mente quello che era successo qualche anno prima
all'università, quando era stato attaccato contemporaneamente da Lija, Paibok e
Devos e non aveva chance di sopravvivenza... e il colpo nova che istintivamente
era partito per difendersi aveva finito per devastare tutto il campus [v. FANTASTICI
QUATTRO 125]. Perdere il controllo in quella situazione cosa avrebbe comportato? I
Parker erano a uno schioppo da lì. E soprattutto, non aveva nessuna intenzione
di uccidere qualcuno. In realtà non aveva molto tempo per pensarci. Goblin era
lì, a pochi passi da lui, e stava per fare una strage. Un massacro che avrebbe
coinvolto se stesso, Peter Parker e la sua famiglia. Non poteva rischiare.
Doveva usare con raffinatezza i suoi poteri.
Sfruttando tutto l'ossigeno presente nell'aria limitrofa (quella ancora in contatto
con il suo corpo, avviluppato dalla tela aliena), Johnny rifulse di una luce
che andava dal rosa salmone al colore del sole…una fiamma intensissima e
circoscritta. La sua mossa aveva avuto l'effetto sperato: il calore della
fiammata lo aveva liberato dalla tela ignifuga. E, come gli aveva fatto notare
il suo occhio clinico raffinato dall’esperienza, quei filamenti di ragnatela
viva erano psichicamente legati al simbionte. Lo shock per il feedback di
dolore stava per far impazzire Goblin. La Torcia, ripresasi dallo sforzo,
attaccò ancora il nemico con la sua fiamma, sapendo che il calore era l’unico
punto debole del simbionte di Carnage.
Stavolta si stava controllando di meno: notava che ormai l’alieno era
incredibilmente più resistente di quello di cui aveva letto negli archivi dei
Vendicatori. Anche fiamme potentissime lo scalfivano poco. Così dovette alzare
il tiro: e quando il fuoco iniziò ad assumere tonalità accecanti, Goblin gridò
e la Torcia poté fermarsi per evitare di ucciderlo. Quando fumo e fiamme si
diradarono, ciò che si presentava alla vista di Johnny erano il corpo di Norman
Osborn (appena ustionato… una scottatura da spiaggia) e il simbionte
liquefatto. Il membro dei FQ si chinò su di lui e si tranquillizzò, constatando
dal collo che era ancora vivo.
Ben corse nella stanza.
- Uff che caldo - commentò. - E’ vivo? - chiese alla Torcia.
- Sì… dobbiamo chiamare in fretta qualcuno, prima che si riprendano! E comunque
se hai caldo posso fare qualcosa.
Si concentrò e assorbì tutta l’energia termica della stanza.
- Brr… ora fa freddo - disse Ben sorridendo… ormai il peggio era passato.
La Torcia Umana liberò Peter con
la fiamma e chiamò i Guardiani della Volta, a cui era stato affidato stavolta
Goblin. Avrebbero preso misure di sicurezza estreme nei suoi confronti.
- Signora Parker, sicura di stare bene? - chiese Johnny.
- Sì, sì. Grazie - gli rispose. Anche lei aveva il fattore di guarigione che le
conferivano i “corpuscoli”.
Dopo un’ora, la situazione si era stabilizzata. Il simbiotico Goblin era stato
rinchiuso (e probabilmente la chiave buttata). Tutti si erano tranquillizzati.
Johnny, prima di andarsene, chiacchierò con Peter.
- Tutto è bene quel che finisce bene… l’Uomo Ragno è un tuo amico, vero?
- In un certo senso…
- Peccato che non sia intervenuto, avrei voluto salutarlo… sarà per un’altra
volta… ora devo proprio andare! Spero di continuare la conversazione in
un’occasione migliore.
- Lo spero anch’io, sig. Storm.
E si salutarono, l’uno ignaro di aver parlato con la persona con cui desiderava
farlo.
Ashley Kafka chiamò Peter.
- Sono mortificata… il Ravencroft ha messo in pericolo la vostra vita.
- Ashley, so che non potevate fare altro… non preoccuparti per me.
- Ma Mary Jane e May come stanno?
- Stanno riposando… erano abbastanza scosse.
- Come minimo…
- Ma mi preoccupo per te… hanno affidato Goblin alla Volta! Perché?
- Stanno aprendo un’inchiesta sull’evasione di Carnage… finché non sarà
risolta…
- Spero questo non intacchi la reputazione dell’istituto.
- Infatti… ma c’è un altro problema.
- Quale?
- Qualcuno altro ha approfittato del caos per fuggire… Cletus Kasady.
- Proprio lui!
- Sì… è senza simbionte, ma credo sia comunque pericoloso. E non so come ha
preso la separazione.
- Ci mancava solo lui… cavolo, avevo deciso di non giocare più a fare il
supereroe, e invece…
- Peter, se non te la senti non devi. Rimani con la tua famiglia… potrebbe
essere in pericolo.
Peter trasalì.
- Nelle sedute parlava spesso della tua famiglia…
- Non c’è da preoccuparsi… ha perso il ricordo della mia identità.
- Ma non dell’esistenza dei Parker.
Peter non rispose.
Capitolo
undicesimo
IL MALE DI CLETUS
"Nulla come cercare di cambiare ciò che rivela una visione
contribuisce a realizzarla."
E' strano avere la
possibilità di ricominciare, di lasciarsi tutto alle spalle e guardare avanti
serenamente. Questa opportunità era stata finalmente data a Peter Parker,
conosciuto da alcuni come Uomo Ragno. Negli ultimi mesi aveva dovuto affrontare
le sue battaglie più dure, sia fisicamente che psicologicamente, ma ne era
uscito e il suo coraggio era stato ricompensato con il ricongiungimento alla
sua famiglia: sua moglie Mary Jane, sua figlia May e il suo fratello putativo
(in realtà suo clone) Ben Reilly, che, dopo varie peripezie, in un modo o
nell'altro, erano tornati dal regno della morte.
Non c'erano neanche più problemi economici incombenti. Sembrava andare tutto
bene per Peter… aveva aver abbandonato per sempre il suo costume e poteva
godere della sua famiglia ritrovata.
Ma quando qualcuno non solo è un uomo-ragno, ma è anche stato l'Uomo Ragno, non
lascia facilmente il suo retaggio...
Casa Bradford.
Era davvero inebriante vedere quella famigliola sventrata. Il perfetto
signor Jack Bradford, stimato professore della Empire University; la piacente
signora Emily, popolare membro di varie associazioni di beneficenza; i figli
Jonathan e Christina, realizzati nello studio e nella vita sociale. Tutti
galleggiavano nel loro stesso sangue. Si mise a curiosare in quella graziosa
casa, silenziosa come mai, arredata con gusto. Poi scelse una parete abbastanza
sgombra. Si intinse le mani del sangue dei Bradford e scrisse a chiare lettere
un nome sul muro.
Fatto ciò, andò in bagno e si sciacquò. Aprì l’armadietto dei farmaci e prese
qualcosa. Prese un vestito del signor Bradford e lo indossò. Curiosò nei
cassetti e trovò una pistola. La prese, la caricò e poi lasciò l’appartamento.
Manhattan, casa
Parker, primo pomeriggio.
- Ben, sono
preoccupato… leggi qui - disse Peter, porgendogli il Daily Bugle di quel
giorno. Il clone prese a leggere nel punto che Peter stava indicando con
l’indice. Dopo aver dato una lettura veloce, commentò.
- Peter, non capisco di cosa tu abbia paura.
- Hai letto, Ben? Negli ultimi due giorni sono state massacrate sei famiglie…
la tipologia è sempre la stessa: serene, unite, benestanti. Famiglie perfette,
insomma.
- Ancora non capisco.
- Ho parlato con la Kafka… secondo lei è tutta opera di Cletus Kasady.
- Kasady? Non credo, non è il suo modus operandi! Lui uccide
casualmente, per il puro gusto di uccidere! Confermamelo… tu lo hai affrontato
molte più volte di me.
- Secondo Ashley era così… ma dev’essere successo qualcosa di traumatizzante.
Lei ipotizza che la definitiva separazione dal simbionte gli abbia provocato
uno shock non indifferente… tale da trasformarlo da mass murderer a serial
killer.
- Spiegati meglio.
- Gli assassini di massa uccidono un’elevata quantità di vittime in una volta e
soprattutto casualmente… invece gli assassini seriali uccidono una precisa
tipologia di persone e ogni vittima dopo un certo intervallo di tempo…
- E Kasady è diventato un serial killer.
- Sì… uccide questo tipo di “famiglia perfetta”. Lei ipotizza che sia una
rivalsa inconscia contro i suoi genitori… suo padre, in particolare, che lo ha
talmente traumatizzato durante l’infanzia da renderlo lo psicopatico che è
adesso.
- E’ una cosa abbastanza bizzarra… ma tu perché hai paura?
- Ben… Ashley mi ha detto che, nonostante abbia perso il ricordo della mia
identità segreta, Cletus non ha dimenticato la famiglia Parker… ha letto dai
giornali come ci siamo miracolosamente ricostruiti.
- Carnage legge i giornali?
Peter sorrise e poi continuò.
- Quindi con tutta probabilità siamo uno dei suoi bersagli.
Preoccupato, Ben prese il giornale e si mise a sfogliarlo per distrarsi.
Qualcosa in terza pagina lo colpì.
- Non è possibile! - gridò.
- Cosa? - chiese Peter.
- Qui dice che una Donna Ragno ha catturato Venom…[v. “La Donna Ragno”#1]
- Venom? Ma è morto!
- Così credevamo… che Charlotte Witter si sia messa a giocare alla supereroina?
- Non ci capisco più niente! - commentò stufo Peter - Ma non ne voglio sapere
niente… abbiamo già un problema da risolvere…
Non aveva neanche parlato che la situazione sembrò complicarsi. Improvvisamente
Ben Reilly si portò le mani al capo e lamentò qualcosa.
Un dolore lancinante
gli pervase la testa. I suoi poteri di Kaine si stavano manifestando come non
succedeva da tempo… il potenziato senso di ragno – in pratica una facoltà di
precognizione – gli mostrò una scena agghiacciante: Desiree Winthrop, riversa
per terra, in un lago di sangue. Ma la scena era molto vaga… ma non abbastanza
da non fare agitare Ben.
”Desiree!” pensò. Dopo un incontro fugace settimane prima [v. “L’Uomo
Ragno”#6], prima della sua guarigione, non l’aveva più contattata. Le aveva
detto che non voleva vedere nessuno in quello stato e che rimandava un loro rendez-vous
al giorno in cui si fosse ripreso. Quel momento era arrivato una settimana
prima, ma non l’aveva chiamata. E ora quella raccapricciante visione gliela
riportava alla mente.
- Ben, cos’hai? - domandò agitato Peter.
- Ho avuto una visione… Desiree ferita a morte… devo chiamarla e avvisarla del
pericolo - rispose, così cercò il suo numero, che aveva riposto da qualche
parte, e chiamò, mentre Peter continuava a fissarlo perplesso.
- Sì?
- Desiree, sono Ben.
- Ben…
- Scusa se non mi sono fatto sentire…
- Ho letto sui giornali che sei tornato in società… sano come non mai.
- Se sei arrabbiata hai ragione, ma possiamo discuterne a voce… Desiree, sei in
pericolo di vita.
- No…
- Cosa?
- Anch’io ho un brutto presentimento… tu cosa sai?
- Io ho avuto un’orribile flash, Desy… dove sei, adesso?
- A casa… vediamoci al Daily Grind.
- Ok.
Ben abbassò la cornetta.
- Peter, devo andare.
- Ok… fammi sapere, però.
Reilly uscì di corsa, sperando che la scena non si sarebbe concretizzata nel
tragitto tra casa Parker e il bar.
Il bar… ritornarci avrebbe comportato rivedere Shirley Washington – la
proprietaria del locale -, suo figlio Devon e tutta la gente che abitualmente
frequentava la tavola calda, come il vecchio Buzz.
Ravencroft.
Ashley Kafka stava passando le sue giornate incessantemente al telefono. Voleva
qualsiasi informazione su Cletus Kasady. Nessuno credeva fosse lui lo
stermina-famiglie, ma lei lo conosceva più di chiunque e ne era convinta.
Quello che aveva scoperto dalle indiscrezioni dei detective è che sul luogo del
delitto gli armadietti dei farmaci erano sempre svuotati, di solito sprovvisti
di analgesici; inoltre l’assassino scriveva col sangue, sui muri, il cognome
della successiva famiglia da colpire. “Si è preventivamente informato sulle sue
vittime” deduceva la psichiatra. Stavolta una famiglia Smith sarebbe scomparsa
dalla faccia della Terra.
”Sei furbo, Cletus… più di quanto pensassi. Con tutti gli Smith che ci sono a
New York, è impossibile avvisare i tuoi bersagli in tempo…ma tu stai male, ti
stai rimpinzando di antidolorifici… senza il simbionte stai malissimo”
continuava a pensare.
Daily Grind.
L’espressione attonita di Shirley fu molto eloquente.
- B-ben…- balbettò.
- Ciao, Shirley!
- Avevo sentito che eri tornato, ma… vederti…
- Anche a me fa un certo effetto - le disse abbracciandola.
- Tutto bene? - le chiese.
- Sì, sì…
- Ehi, Devon! Come va?
- Ben! - gli urlò saltandogli addosso.
- Devi raccontarci un sacco di cose! - gli diceva Shirley.
- Ne abbiamo tutto il tempo… ora avrei un appuntamento con Desiree.
- Ah, capisco… ve la intendete di nuovo?
Ben sorrise. - Vedremo… Buzz dov’è?
- Adesso non c'è!
- Oh… mi dispiace un casino… sono affezionato a quel mattacchione, volevo
salutarlo...
- Vedrai che ne avrai presto la possibilità!
Desiree irruppe nella tavola calda interrompendo il discorso.
- Ben! - fece, emulando il gesto di Devon.
- Desy…- disse, baciandola su una guancia.
Si sedettero ad un tavolino.
- Allora… che mi dici? - iniziò lei.
- Desy, presto ti racconterò tutto quello che mi è successo… ma ora abbiamo una
questione più urgente da affrontare.
- La tua visione.
- Anche tua, se ho capito bene.
- Bè, io ho solo delle sensazioni.
- Peter me ne ha parlato… non ci avrei creduto tempo fa, ma ormai…
Lei sorrise.
- E tu come mai hai avuto una visione? E’ la prima volta?
- Ehm… diciamo di sì. Ti ho vista pugnalata a morte.
- E’ tutto così inquietante… ma con te mi sento al sicuro.
- Mi fa piacere… vorrei portarti a casa, ma non so se è il luogo più adatto.
- Perché? Ti vergogni di me?
- No! Scherzi? E’ solo che… un serial killer ha preso di mira la famiglia di
Peter.
- Oh!
- Infatti… cioè, non ne siamo proprio sicuri.
- Bè, né tu né Peter siete degli sprovveduti… io sinceramente mi sentirei più
al sicuro, se potessi rimanere a casa tua… con te.
- Allora faremo come dici.
Poco dopo…
- Bella questa casa - commentava Desiree.
- Sì.. non appena Mary Jane e la bambina si svegliano, le saluti.
- Certo… non voglio mica disturbare.
Il telefono suonò e Ben rispose.
- Sì?
- Ben! Grazie a Dio… prendi Mary Jane e la bambina e scappate… ci vediamo al
Ravencroft!
- Peter, che succede?
- Kasady… ha lasciato un messaggio sull’ultima scena del delitto… sta venendo
da noi.
Di sottofondo alla veloce conversazione, Ben sentì passivamente il suono del
campanello, la voce di Desiree che diceva prima “Vado io, non preoccuparti” e
poi “Ben, avete ordinato pizze?”, mentre la porta si apriva.
”Pizze?” pensò Ben. Improvvisamente il senso della sua visione divenne più
chiaro. E più agghiacciante.
Lasciò cadere sul pavimento il cordless, ignorando Peter che urlava “Ben, che
succede? Ci sei?”. Tutto gli sembrava muoversi al rallentatore. L’ingresso
dell’appartamento gli sembrava lontanissimo. Nonostante la sovraumana agilità
delle sue gambe, i corridoi sembravano allungarsi e le stanze dilatarsi…
finalmente raggiunse Desiree, giusto in tempo per vedere una delle scene più
sconvolgenti della sua vita, che si sarebbe marchiata a fuoco nella sua
memoria. Quel coltello che si sfilava dall’addome della ragazza. Il sangue di
cui era macchiato. I rantoli di dolore di Desiree. Il suo corpo riverso per
terra in un lago scarlatto… come nella sua visione.
Alzò brevemente lo sguardo e fissò il volto dello scellerato che aveva compiuto
quel gesto e il suo dolore centuplicò quando lo riconobbe… Cletus Kasady, il
folle serial killer da cui doveva guardarsi la famiglia Parker. Con il coltello
insanguinato in una mano, uno sguardo folle e un sorriso di soddisfazione,
rimaneva a contemplare il suo delitto.
Non ancora lucido, Ben lo ignorò e si lanciò sul pavimento, verso il corpo di
Desiree. La prese tra le braccia, invocando il suo nome, ma la ragazza non
rispondeva… sanguinava soltanto. La rabbia lo colse: si voltò verso Kasady, gli
saltò addosso con slancio facendolo cadere pesantemente dalla rampa di scale
antistante la porta.
Scattò in piedi, corse verso il telefono, chiamò l’ambulanza, in una serie di
gesti automatici. Poi tornò da Desiree, naturalmente ancora priva di sensi.
Guardò in fondo alle scale: Cletus Kasady si stava rialzando.
Per fortuna qualcuno arrivò a salvare la situazione. L’ascensore si aprì e ne
uscì Peter. Gli ci volle qualche secondo per comprendere la situazione.
- Peter, occupati di Kasady… io porto Desiree all’ospedale - disse entrando
nell’ascensore, con la ragazza esanime in braccio.
Le porte si richiusero. Peter si girò istantaneamente per un monito del suo
senso di ragno e si ritrovò una pistola puntata alla tempia.
- Kasady, una pistola… non è da te - disse con freddezza Peter.
- Dunque, sig. Parker, mi conosce bene… tutto coincide… come io ho letto di te
sui giornali, tu avrai letto di me… e poi sei un amico intimo dell’Uomo Ragno…
ti racconterà tutte le sue prodezze… bé, domani dovrà raccontarle a qualcun
altro.
- Kasady, tu sei malato, non dovresti essere in giro a sterminare famiglie.
- Hai ragione… le metastasi del mio cancro allo stomaco sono diffusissime. Sono
un tumore ambulante. Credo di poter morire da un momento all’altro. Ma la
soddisfazione di uccidere il miglior amico dell’Uomo Ragno me la devo togliere.
Ci sono le tue ragazze dentro?
- No, sono in giro.
- Trucco vecchio come il mondo, Peter…
Cletus indietreggiò con la pistola puntata ed entrò in casa.
General Hospital,
nello stesso momento.
Stavano portando Desiree d’urgenza in sala operatoria.
- Dottore, ce la farà? - chiedeva Ben, correndo parallelamente ai medici verso
la sala.
- Signor Reilly, se la mia diagnosi è esatta, alla ragazza è stata recisa
l’arteria epatica… è completamente dissanguata… faremo il possibile.
- Ci conto - sussurrò Ben fermandosi davanti alla porta della sala.
Casa Parker.
Non ci sarebbe voluto niente corrergli dietro e fermarlo con i suoi poteri.
Ma allora perché Peter non aveva ancora mosso un muscolo? Stava ancora
elaborando la bizzarra situazione. La testa gli girava come poche volte…
sentiva le gambe come burro. Ma quando si rese conto che in casa c’erano Mary
Jane e May che riposavano, ritrovò tutta la forza necessaria e rincorse Kasady.
Fortunatamente qualcosa lo aveva bloccato. Era nel corridoio, piegato, sul
pavimento… e vomitava sangue.
- Kasady, cos’hai? - chiese con insolita premura. Del resto non poteva stare
fingendo.
- Maledetto cancro… ma questo non mi fermerà, Parker…- sospirò, perdendo i sensi.
General Hospital, venti minuti dopo.
- Che dicono i medici? - chiedeva Ben Reilly a Peter.
- Dovrei chiederti la stessa cosa… comunque Kasady è in coma, il tumore si è
esteso troppo… non gli rimane molto da vivere.
- Giustizia divina - sentenziò Ben.
- Non dire così… per quanto quell’uomo sia diabolico, non sta a noi giudicare
se…
- Peter… taci.
Spidey rimase un po’ contrariato per l’atteggiamento del suo clone, ma fu
comprensivo.
Quando un chirurgo si avvicinò, a entrambi gelò il sangue.
- Mi dispiace, ragazzi… non ce l’ha fatta, ma…
- … avete fatto tutto il possibile - continuò Ben, con gli occhi già lucidi.
- Ben… - disse Peter mettendogli una mano sulla spalla, ma il ragazzo la
rifiutò con violenza e corse fuori dall’ospedale.
Anche Mary Jane, seduta lì vicino con May in braccio, abbassò il capo, avendo
già intuito cosa era successo.
Peter le si sedette accanto.
- E’ terribile - disse la rossa.
- A chi lo dici… proprio non ci voleva.
Fuori dell’ospedale.
In lacrime, su quella panchina, Ben Reilly stava riflettendo sul senso di tutto
quello che era successo. Perché Desiree? Proprio ora che con lei stava cercando
di ricostruire la sua vita… finalmente poteva nascere qualcosa di serio fra
loro, dopo tutte le titubanze. E invece un mostro come Cletus Kasady
gliel’aveva portata via… e per sbaglio, per giunta. Non era una Parker. Ma la
loro maledizione aveva colpito anche lei.
Un dubbio lo assillava… Peter gli aveva parlato di Deathurge e della probabile
causa di morte di Flash. Che questo valesse anche per lui? Che il suo ritorno
in vita avesse quel prezzo… la vita di una persona cara?
La cosa che più lo martoriava era un’altra, però. Lui aveva predetto quello che
era successo! E non era riuscito ad impedirlo! Non avrebbe mai potuto
perdonarselo! Non doveva portarla a casa, con il pericolo che incombeva… il
destino aveva fatto in modo che lui rinascesse nel corpo di Kaine, che avesse
facoltà precognitive… che avesse un tale potere… no, non voleva
risentire quell’odiosa frase. Ma stavolta calzava a pennello. Da grandi poteri
derivano grandi responsabilità.
Peter interruppe i suoi pensieri.
- Se ti può far piacere, Kasady è andato.
- Grazie… finalmente una buona notizia.
- Ben, so che sei sconvolto, ma non puoi parlare in questo modo.
- Peter, ricorda che non sempre parli con Ben Reilly.
Peter fu interdetto e inquietato da quella frase. Inconsapevolmente, spesso
parlava con Kaine? Un secondo dopo Ben riprese a parlare.
- Peter… devo scontare quello che è successo… sarà retorico, ma tornerò a
essere l’Uomo Ragno. Ripagherò la vita di Desiree con tutte quelle che salverò
nei panni di Spidey.
Capitolo dodicesimo
EVOLUTIONARY WAR
crossover con gli X-Men
Manhattan, casa Parker, primo pomeriggio.
La famiglia Parker
stava facendo colazione.
Ben aveva ancora le mani nei capelli per quello che era successo. Non riusciva
ancora ad accettare che Desiree, una ragazza molto più che un’amica per lui,
fosse stata uccisa per colpa sua – in un certo qual modo. Per questo aveva
deciso di rivestire i panni dell’Uomo Ragno. Finora non aveva avuto occasione
di farlo, visto che c’era stato il suo funerale. I Parker erano abbastanza
stanchi. Quando tutto sembrava andare per il meglio, una tragedia li colpiva.
- Peter… stavo lentamente ricostruendo la mia vita. Forse sarei tornato a
lavorare al Daily Grind, ma ora… non posso metterci più piede. Vedrei ancora il
fantasma di Desiree, lì. E poi, nonostante il nostro ottimo rapporto, Shirley è
rimasta contrariata per quello che è successo… non appena sono tornato, Desiree
è andata. Ho perso anche loro… non abbiamo più nessuno. Anche tu… Liz,
Betty, Flash, il Bugle… i tuoi vecchi amici.
- Hai ragione, Ben. Ma sono successe troppe cose in questi due mesi. La gente
cambia anche per cose minori… io sono cambiato tantissimo, e con me è cambiato
il mio mondo. Vorrà dire che ci rifaremo una vita. Troverai un lavoro che ti
soddisfi. Avremo nuove amicizie. Non disperare. Siamo tutti segnati da questi
interminabili lutti. Spero davvero che ce ne risparmino altri.
- E riguardo a Desiree, Ben – intervenne Mary Jane – non devi sentirti in
colpa, non è stata colpa tua. E’ stato un insieme di coincidenze inquietante…
quello che sto per dire potrà sembrarvi orribile, ma credo sia stato il
destino… affinché ci fosse un Uomo Ragno [da quando mi chiamo “Destino”?!
J NdMickey ]. E poi, anch’io ho
dovuto superare un enorme scrupolo che gravava sulla mia coscienza.
- Quale? – chiese stupito Peter, che non ne sapeva niente.
- Per uccidermi, Goblin ha sacrificato tutte le persone che erano con me, su
quell’aereo. Io invece sono qui… ci avete mai pensato?
Ammutolirono.
- Tesoro, perché non ti sei mai confidata con me? Avrei…
- Non preoccuparti, Tigrotto, è tutto passato! – disse sfoggiando un sorriso a
trentadue denti. – Lasciamoci
definitivamente il passato alle spalle! Me lo promettete?
I due Peter Parker annuirono.
- Bene…e dopo questa sana
conversazione, vi lascio! Il dr. Twaki mi ucciderà, se arrivo in ritardo! E
quel simpaticone di Javier Caldrone non perde occasione per fare la spia!
Diede un bacio alle sue ragazze e lasciò casa Parker.
Wundagore, nelle stanze private dell’Alto Evoluzionario.
Herbert Edgar Wyndham trovava sempre più frustrante la sua condizione umana. E
cercava in ogni modo di liberarsi da quello stato vile (certo, dopo aver
raggiunto lo stato di divinità, difficilmente si può restare semplici umani
molto a lungo). Stava lavorando giorno e notte alla progettazione di una nuova
macchina evolutrice [v. “I Difensori”#6, per esempio] che rinverdisse i suoi
vecchi fasti. E finalmente ci era riuscito.
L’aveva costruita. Era molto più sofisticata e mirata della precedente.
Aveva chiesto ai suoi Nuovi Uomini di lasciarlo solo, perché stava per
sottoporsi trepidante al suo raggio.
Si chiuse in una cabina e con un comando vocale accese la macchina. In pochi
secondi l’abitacolo venne inondato dalle energie evolutive generate dal
fantascientifico apparecchio di Wyndham.
Lo scienziato poteva sentire il suo stesso DNA alterarsi e condurlo verso una
natura superiore. Avvertiva l’espansione della sua mente, le possibilità che
venivano offerte al suo corpo. Poi il timer che aveva precedentemente impostato
fermò il processo.
Uscì dalla cabina completamente rinnovato. Poteva ascoltare chiaramente i più
reconditi pensieri dei suoi Nuovi Uomini. Poteva assumere qualunque aspetto.
Era lì la vera essenza della sua umanità: la facoltà di avere il totale
controllo del proprio corpo e della propria mente. I suoi poteri psionici
raggiungevano le vette toccate dal giovane Franklin Richards.
Aveva fatto tutto questo per ricostruire la Controterra, che ingiustamente gli
era stata sottratta da popoli alieni.
Stavolta non avrebbe sbagliato. Avrebbe creato una specie umana priva di
difetti. Con le sue facoltà mentali sarebbe stato facile cogliere gli errori
nell’evoluzione dell’umanità ed evitarli. Sarebbe stato anche facile assemblare
un pianeta agli antipodi dell’orbita terrestre, radunando asteroidi e detriti
spaziali con la sua illimitata telecinesi. Ma popolare quel pianeta… no.
Franklin Richards era riuscito a creare un intero universo popolato, ma Wyndham
sentiva che c’era qualcosa, in quel bambino, che sfuggiva addirittura alla sua
comprensione [in confidenza… in realtà sfugge alla mia! J NdMickey]. Non avrebbe potuto
popolare la Controterra con un semplice pensiero. Presto avrebbe creato i suoi
Adamo ed Eva in laboratorio… esseri perfetti da cui tutti gli abitanti della
Controterra sarebbero nati. Ma aveva bisogno di accelerare il processo.
Aveva sempre visto la clonazione come un grosso ostacolo all’evoluzione. Ma i
suoi Nuovi Uomini – che stavolta non avrebbero avuto niente a che fare con gli
animali – sarebbero già stati al culmine dell’evoluzione umana, quindi non
c’era pericolo. Aveva tutti i dati sul processo clonativi elaborati dal suo
discepolo rinnegato Miles Warren, il defunto Sciacallo. Ma se doveva popolare
la sua Terra di cloni, doveva avere prove tangibili che i loro corpi avessero
la qualità di quelli naturali. E per scoprirlo, aveva bisogno di esami pratici.
Si concentrò e usò la sua mente per scovare le giuste cavie su tutto il
pianeta, prima, e per teleportarle a Wundagore, poi.
TriCorp
Foundation.
Era ad un
ottimo punto, con la sua ricerca. Merito soprattutto dello scomparso dr.
Octopus e di quello che aveva imparato da lui. Javier non faceva altro che
ricordarglielo.
Il dr. Twaki entrò nel laboratorio di Peter.
- Oh, salve, dottore.
- Peter… sono molto soddisfatto di come procede il tuo lavoro. Sono sorpreso.
Certo, se non ci fosse stato quell’incidente, giorni fa, probabilmente tu e il
dr. Octavius avreste già vinto un Nobel per la Medicina. Ma voglio darti
un’altra opportunità, anche se Otto è scomparso.
- Un’altra opportunità? In che senso?
- Tempo fa mi hai espresso la tua preferenza di lavorare solo con Octavius… ma
credo che ora non ti dispiaccia essere affiancato nelle tue ricerche. Le equipe
raggiungono migliori risultati in minor tempo.
- Dove vuole arrivare, dottore?
- Javier Caldrone e Stan Hardy faranno parte del tuo nuovo team. In fondo le
loro conoscenze di chimica molecolare e di genetica saranno molto utili. Ma non
finisce qui. Due tue cavie ti affiancheranno. Avevano lasciato la città dopo le
recenti questioni, ma li ho contattati. L’aiuto del dr. Morbius e del dr.
Connors accelererà le tue ricerche e sono convinto che insieme potrete
riformulare la cura corpuscoli.
- Mi sta dicendo che lavorerò al loro fianco?
- Sì… spero sia cosa gradita.
- Ehm… certo! Il dr. Morbius è un premio Nobel… sarà un vero onore.
Quando Twaki se ne andò, Peter poté pensarci su. “Cavolo… chi me lo doveva dire
che avrei lavorato con Morbius e Lizard?”
Caldrone entrò nel laboratorio.
- Ho saputo… io che affianco te, e non il contrario! Questo è un mondo malato!
– gridava lo scienziato.
- Javier… questa è una grossa opportunità per entrambi e...
Caldrone si girò, senza rispondere, e sbatté la porta offeso.
Poco dopo, la mente di Peter Parker venne scossa da un messaggio telepatico.
*Uomo Ragno, sono Charles Xavier. Contatta gli X-men e accorrete a
Wundagore. Sono prigioniero dell'Alto Evoluzionario insieme a Mary Jane Watson,
Ben Reilly e Gwen Stacy. E’ stato uno sforz…*.
Il messaggio si interruppe.
Sul momento Peter non riuscì a connettere. Era un messaggio telepatico del
professore Xavier degli X-men. Aveva nominato tre persone vicine a lui...
doveva aver letto nella loro mente e appreso il nesso con l'Uomo Ragno,
avvertendolo. Ok. Mary Jane e Ben prigionieri dell'Alto Evoluzionario? E Gwen
Stacy?
Doveva sbrigarsi. Doveva avvisare gli X-men. Ma per far questo doveva tornare a
casa.
Stabilì un record. In cinque minuti fu nel suo attico. Era deserto.
”Allora è vero”. Poi sentì la piccola May piangere. Era rimasta sola. “Oh mio
dio”. La prese in braccio e la calmò. Nel frattempo, alzò la cornetta e chiamò
zia Anne, che soggiornava in un albergo della Grande Mela da qualche giorno,
dopo il ritorno di Mary Jane, indecisa se trasferirsi a Manhattan o meno.
- Zia, vieni a casa! Devo lasciarti la bambina… è una questione urgente!
- Peter? E’ successo qualcosa a Mary Jane?
- Anne, niente che non possa risolvere. Solo che lei e Ben non possono
occuparsene, al momento. Siccome vado molto di fretta, la lascerò ai vicini…
non puoi sbagliare, c’è solo un altro appartamento sul piano. Ciao!
E chiuse senza neanche salutare. Recuperato il costume di Ben, che si era
ripromesso di non indossare più, rispolverò da un cassetto una vecchia rubrica
con numeri d'emergenza. La sfogliò e compose con dita tremanti le cifre
interessate. Stava chiamando la scuola dei mutanti di Westchester. Il telefono
squillò a lungo, finché non rispose qualcuno.
- Pronto?
- Salve, sono l'Uomo Ragno… con chi parlo?
- Seh, e io sono Babbo Natale – rispose Jubilee.
- Passami Fenice… è urgente.
Dubbiosa, la ragazza eseguì.
- Jean Grey?
- Sì?
- Sono l’Uomo Ragno… Peter.
La mutante usò i suoi poteri per controllare che fosse davvero lui. Fece
viaggiare attraverso i cavi del telefono, alla velocità del pensiero, una sonda
psichica che raggiunse l’interlocutore. E rilevò qualcos’altro.
- Ragno! Cos’è successo al professore?
- Cavolo, mi scannerizzi a distanza? Mi ha avvisato che è stato rapito
dall’Alto Evoluzionario.
- Cosa? Quando? E perché non ha avvisato noi?
- Ci sono dei miei cari, con lui. Ma non era lì con voi, quando è successo?
- No… era in città! Andiamo a preparare il Blackbird!
- Potreste passarmi a prendere? Sarò sulla cima dell’Empire State Building.
- A dopo, allora.
Immediatamente, Fenice ragguagliò i suoi compagni della situazione con un
messaggio telepatico.
- Allora, chi viene con me? – chiese.
- Io no – disse Rogue, che era stata ferita nello scontro con la Covata [v.
“Gli Incredibili X-men”#1/3].
- Io rimango a farle compagnia… non posso essere molto d’aiuto, senza poter
usare gli ESP, e poi ho un po’ di mal di testa.
- Come vuoi, Psylocke. Comunque… Tempesta, vuoi stabilire tu i gruppi e i
dettagli della missione?
La nera abbassò lo sguardo.
- Cable, te ne occuperesti tu? Dopo quello… che è successo, non credo sia il
caso.
- Come vuoi, Ororo… allora, saremo della partita io, Tempesta, Fenice,
Arcangelo, Nightcrawler, Bestia, Colosso, Wolverine e l’Uomo Ghiaccio… credo
bastino contro l’Evoluzionario.
- Non ne sarei così sicuro – ironizzò Logan – ma visto che abbiamo fretta…
- Allora andiamo.
Casa Parker.
Avvisati gli X-men, restava il problema May.
Bussò alla porta dell’appartamento accanto al suo. Gli aprì una bella ragazza.
- Sì?
- Oh… salve! Sono Peter Parker, abito accanto a lei… disturbo?
- No, mi dica.
- Sto scappando… mia zia sta arrivando e le ho detto che avrei lasciato la
bambina qui… le va bene tenerla per pochi minuti? A momenti arriva.
- Nessun problema, si figuri.
- Gentilissima… poi la ringrazierò debitamente, signora…
- Sarah Finn.
- Arrivederci, allora.
Rientrò in casa di corsa, vestì il costume da Uomo Ragno, aprì il passaggio che
lo portava sul tetto del grattacielo e con un po’ di tela raggiunse il luogo
dell’appuntamento. Aveva paura, perché continuava a sentirsi debole e
vulnerabile, dopo la faccenda della trasfusione di Ben. I giramenti di testa e
il senso di inadeguatezza avevano anche rischiato di non poter fronteggiare
Cletus Kasady e gli stavano precludendo molte situazioni. Ma si fece forza e
arrivò sulla cima dell’Empire State Building.
Dopo pochi minuti di attesa, era a bordo del Blackbird.
- Salve a tutti – disse, venendo ricambiato.
- Come va? – chiese.
- Non troppo bene, Ragno – gli rispose Fenice, pensando a quello che era
successo con la Covata – ma ora abbiamo altro a cui pensare. Non sappiamo come
abbia fatto l’Alto Evoluzionario a rapire il professore e i tuoi amici.
- Chuck non è tipo che si lascia prendere alla sprovvista – intervenne
Wolverine.
Westchester,
Istituto per Giovani Dotati.
Nessuno sapeva che il corpo di Psylocke, la telepate ninja, non era più
controllato da Betsy Braddock, la sua legittima proprietaria (bé, su quel
“legittima” si potrebbe discutere ampiamente, ma questa è un’altra storia).
Ormai era completamente in balia di Amahl Farouk, l’entità detta Re
delle Ombre, atavica nemesi degli X-men, e in particolare di Charles Xavier.
L’aveva posseduta in un attimo di debolezza, ingannando tutti.
Aveva elaborato un piano per sopraffare il gruppo e l’occasione che gli si era
presentata sembrava troppo ghiotta per essere vera. Tutti quelli che contavano
non c’erano e la sua preda, Rogue, era lì con lui.
Entrò nella stanza della compagna di Psylocke, recitando la sua parte.
- Come stai? – le chiese.
- Non preoccuparti, sto bene. Mi dispiace solo di non essermi potuta aggregare
gli altri e di averti bloccata qui.
- Ma no… mi hai fatto un piacere.
Sfruttando l’agilità e il potere di quel corpo, saltò addosso alla ferita
impugnando una lama psichica. Rogue, completamente rilassata in quel contesto,
non poté nemmeno rendersi conto di quello che stava succedendo. Poté solo
sentire la lama penetrare nella sua testa e farle perdere i sensi.
”Bene… questa è fatta. Passiamo alla parte più importante del piano” pensò il
Re. Si chinò sul corpo inerme di Rogue e le diede un lungo bacio sulla guancia.
La mutante aveva la facoltà di assorbire, al tocco della sua pelle, i poteri e
la psiche della persona con cui veniva a contatto. E Farouk lo sapeva bene.
Sentì di essere risucchiato nel corpo di Rogue insieme alla Braddock. Quando il
corpo di Psylocke cadde in coma sul pavimento, svuotato di tutto, il Re non
perse tempo a impadronirsi del corpo di Rogue. Betsy cercò di combatterlo, ma
inutilmente.
Nei recessi della sua psiche…
*Salve, ragazze… come va?* disse salutando le proiezioni mentali delle
sue vittime. Rogue e Psylocke lo guardavano (o meglio, guardavano il suo avatar
psichico) attonite.
*Farouk… cos’hai fatto? Cos’hai intenzione di fare?*
*Come al solito voi eroi siete sempre curiosi. Ma soddisferò questa vostra
sete di conoscenza. Non appena i vostri compagni torneranno nell’istituto, sarà
la fine per loro. Assorbirò le loro menti e i loro poteri. E con le mie facoltà
psichiche, vi assicuro che ho il pieno controllo della «maledizione» di Rogue*.
Le due X-girls immaginavano con sgomento l’inquietante scenario descritto dal
Re delle Ombre. Non solo avrebbe ottenuto i poteri degli X-men, ma avrebbe
avuto tutte le loro menti in sua balia, lì, prigioniere dei più reconditi
anfratti della sua mente, godendo dinanzi a loro della sua vittoria. Speravano
solo che i loro compagni non si facessero ingannare.
Monte Wundagore, Transia.
Alfine, erano giunti a
destinazione.
- Ora dobbiamo irrompere nella Cittadella - disse Spidey.
- E’ una parola… dovresti conoscere anche tu i suoi Nuovi Uomini – gli disse
Wolvie.
- Non sappiamo come ci accoglieranno – intervenne Cable – ma prepariamoci. Non
conosciamo né le intenzioni dell’Evoluzionario né quelle dei suoi lacchè.
Il Blackbird atterrò dolcemente nella valle sottostante al monte. Tempesta e
Arcangelo volarono fino al castello dell’Evoluzionario; Nightcrawler vi si
teleportò; l’Uomo Ghiaccio lo raggiunse con una rampa realizzata con i suoi
poteri; Fenice e Cable usarono la telecinesi per portare sé e gli altri alle
porte del castello.
Avvertito l’arrivo di intrusi, i Cavalieri di Wundagore non tardarono ad
arrivare.
- Chi siete? Cosa volete? – chiese con tono altezzoso Sir Ram.
- Siamo gli X-men e l’Uomo Ragno. Dobbiamo assolutamente parlare con il tuo
padrone, Cavaliere – gli rispose altrettanto decisamente Cable.
- Il padrone ha chiesto di non essere disturbato per nessun motivo, quindi mi
dispiace, ma non potete vederlo – disse Lord Gator.
- Vi dico che è urgente. Non costringeteci a usare la forza – continuò Nate
Summers.
Wolverine mostrò i suoi artigli. Tempesta avrebbe voluto risolvere la cosa
pacificamente, ma Cable non sembrava voler battere quella strada. In un altro
momento lo avrebbe fermato, ma allora non ne aveva proprio la forza e lo lasciò
fare.
Proprio quando stava per scoppiare un’epica lotta tra le due fazioni, i nostri
scomparvero dal campo di battaglia.
Disorientati da quel teletrasporto improvviso, si ritrovarono in un grandissimo
laboratorio, al cospetto di colui con cui volevano parlare: l’Alto
Evoluzionario.
- Benvenuti. Sapevo sareste arrivati… e devo congratularmi anche con Charles
Xavier. E’ riuscito a superare i miei inibitori psichici e a lanciare il suo
messaggio d’aiuto.
Gli X-men e l’Uomo Ragno si guardarono intorno. Charles Xavier, Ben Reilly,
Mary Jane Parker e Gwen Stacy erano prigionieri di camere di stasi, collegati a
tubi e cavi per scopi ignoti. Spidey rabbrividì nel vedere tre delle persone
più importanti della sua vita in quelle condizioni.
- Liberali… tutti – sentenziò Cable.
- Quando avrò finito li riavrete – gli rispose a tono Wyndham.
- Che cosa gli sta facendo!? – gridò Tempesta, mentre le sue mani diventavano
elettriche.
- Non vi consiglio di mettervi contro di me, umani. Posso fare ciò che voglio
di voi.
- Ma a cosa diavolo possono servirti? – si chiedeva Peter Parker.
- Ragno, cos’hanno in comune questi quattro individui?
Spidey li guardò.
- Qualcosa che ha ossessionato la tua vita per mesi… sono tutti cloni.
Avevo bisogno di studiare la loro natura. Lo sto facendo. Non vi è dato sapere
altro.
Il Ragno e i mutanti si guardarono. Ognuno voleva sapere dall’altro perché
erano “tutti cloni”, ma le spiegazioni non sarebbero arrivate.
- Non ve ne andrete a mani vuote… non preoccupatevi.
Le camere di stasi si svuotarono di liquido, prima, e si aprirono, poi,
lasciando libere di uscire le quattro cavie, che tossivano. Tutte staccarono
cavi e tubi dai propri corpi e si alzarono… chi poteva: il paralitico Xavier
arrancava sul pavimento. Quando si riambientarono, videro in che situazione
assurda erano. Tra l’altro, erano tutti nudi, e cercavano di coprirsi le zone
critiche con le mani.
L’Evoluzionario schioccò le dita e i quattro si ritrovarono asciutti e vestiti.
- Che non si dica che io non sia un dio misericordioso – proferì altezzosamente
il potente scienziato.
Gli X-men corsero al cospetto di Xavier. Arcangelo prese il professore in
braccio.
- Non preoccupatevi, ragazzi… va tutto bene – sussurrò loro.
L’Uomo Ragno invece andò a vedere come stavano gli altri. Mary Jane lo
abbracciò.
- Peter… non immagini quanto mi sia spaventata.
- No, lo immagino, cara… voi state bene? – chiese, rivolgendosi a Ben e Gwen,
che risposero con un cenno del capo. Poi disse: - Gwen… da quanto…
Peter non sapeva molto che dire. Il clone di Gwen aveva lasciato New York dopo
la morte dello Sciacallo [v. L’UOMO RAGNO 192]; da allora non aveva più avuto
sue notizie. Sarebbe potuta essere anche morta per la degenerazione tipica dei cloni.
- Vero, Peter…
- Dove sei stata tutto questo tempo?
- Vivo ad Atlantic City… faccio una vita semplice… mi faccio chiamare Helen
Spacey, che ricorda un po’ il nome della madre di Gwen… e faccio la segretaria.
- Mi fa piacere che tu sia riuscita a costruirti una vita, dopo tutto quello
che è successo. Ma ne parliamo fra due minuti, gli X-men se ne stanno andando e
sul Blackbird potremo parlare.
- Aspettate – disse a voce alta Wyndham – ve ne andate così, senza salutare,
senza neanche farmi divertire un po’?
Gli eroi si guardarono perplessi. Che diavolo voleva ancora?
Lo capirono quando improvvisamente l’Uomo Ragno e Ben Reilly levitarono. Con un
gesto della mano, l’Evoluzionario li fece scontrare. Mary
Jane gridò. Dove
prima ce n’erano due, adesso c’era un solo Peter Parker.
- Come vorrei poter studiare meglio questo caso – diceva soddisfatto Wyndham –
tre incarnazioni diverse di un uomo in uno stesso corpo e in una stessa mente.
Non mi era mai capitato di avere originale e clone nello stesso luogo… né di
poter fare questo.
Il nuovo Peter Parker si accarezzava la testa, scosso. Aveva sentito le parole
del semidio e si rendeva conto che non mentiva. Ora era “Peter Parker”, nelle
sue più complete e diverse sfaccettature. Non era né Peter Parker, né Ben
Reilly, né Kaine. Era “Peter”. In un certo senso, non si era mai sentito così
bene, così completo, così... Ma presto quella sensazione di benessere finì,
quando l’Alto Evoluzionario separò nuovamente Peter Parker da Ben Reilly/Kaine.
- Per quanto tu possa essere potente, non puoi giocare con la vita degli altri
in questo modo! – gli gridava Mary Jane, che a malapena aveva capito quello che
era successo.
- Hai ragione, donna. Devo scusarmi per il mio atteggiamento, che non si confà
ad un dio. Ora potete andare, avete la mia autorizzazione.
Prima di andarsene, uno Spidey in stato confusionale si recò, con una certa
soggezione, dall’Alto Evoluzionario.
- Non so cosa tu abbia in mente, ma se metterai ancora in pericolo i miei cari
o se ti prenderai ancora gioco di me, non mi limiterò a farti una pacifica
visita… spero di essere stato chiaro.
- Non mi fai paura, Ragno. Per niente. Ma capisco i tuoi sentimenti. Non
preoccuparti, presto questo pianeta non rientrerà più nei miei interessi… ora
vattene.
L’Uomo Ragno eseguì.
A bordo del Blackbird.
- … così, mentre camminavo, mi sono ritrovato a Wundagore, con Herbert Wyndham
davanti. Ero un po’ spaesato. Un secondo dopo, ero semi-cosciente, in quella
vasca, e avevo grosse difficoltà a
usare i miei poteri. Un grosso sforzo e ho capito chi erano i prigionieri
accanto a me. Potevo fare un solo altro sforzo… un breve messaggio telepatico
diretto ad un’altra persona… e ho scelto l’Uomo Ragno, mi sembrava il più
coinvolto e il più adatto – spiegò Charles Xavier alla sua ciurma.
- Ma probabilmente è stato tutto inutile… l’Evoluzionario forse vi avrebbe
liberato dopo l’uso, come ha fatto – commentò Colosso.
- Nel dubbio, meglio essere intervenuti – rispose Angelo.
- Perlomeno ha detto che lascerà la Terra, o qualcosa del genere – riferì
Spidey.
- Già… un problema in meno – concluse la Bestia.
Intanto Ben Reilly e Gwen Stacy chiacchieravano con fervore da molti minuti,
ormai. Erano entrambi cloni che avevano assunto nuove identità e si stavano
facendo una vita. Un’esperienza che non potevano condividere con nessun altro.
Come se non bastasse, il rivedere la ragazza risvegliava il giovane Peter
Parker che c’era in Reilly… i ricordi ereditati dall’originale rendevano
piacevole la
compagnia della ragazza . Ma cercava di convincersi che non era lei.
- Sei sicura di non voler rimanere a New York? – le chiese audacemente.
- Ti prometto che ci penso, Ben. Ma avrei bisogno di un po’ per piantare
baracca e burattini, una volta presa la decisione.
- Ti capisco pienamente… ma restiamo comunque in contatto, no?
Mary Jane ascoltava ed osservava divertita il dialogo tra i due. Che stesse per
nascere qualcosa? Ma c’erano altri pensieri che la inquietavano. Doveva parlare
con Peter, una volta a casa. Non prima di aver riabbracciato sua figlia.
Dopo discussioni varie, il Blackbird raggiunse New York.
- Allora, dove vi lasciamo? – chiese la Bestia, che pilotava il mezzo.
- Sul tetto di quel grattacielo, se non è di troppo disturbo – disse Spidey,
indicando l’edificio in cui abitavano, la Wave Tower.
- No problem.
Gli eroi si salutarono e lasciarono i loro ospiti a destinazione.
La famiglia Parker entrò nel palazzo da una porta sul tetto e suonò al proprio
appartamento. Gwen aveva raccolto la bionda chioma in un berretto e indossava
un paio di occhiali da sole – il Blackbird era molto fornito – sperando di non
essere riconosciuta. E Peter, ovviamente, aveva ripreso sembianze borghesi
- Ragazzi! Ma dove siete stati!?!? Ho dovuto prendere un ansiolitico per
calmarmi! Non date notizie, i cellulari spenti… - gridava agitata zia Anne,
aprendo la porta, con in braccio la piccola May.
- Zia, calmati – disse Mary Jane prendendo in braccio sua figlia – ora siamo
qui.
La ragazza riuscì a liquidare sua zia, promettendole di raggiungerla
all’albergo nel giro di mezz’ora e che le avrebbe spiegato tutto, chiedendole
comprensione.
Entrarono tutti e si sedettero distrutti sui divani del soggiorno.
- Che giornata – sospirò Ben sprofondando.
- Ragazzi, allora… io andrei –
disse timidamente Helen.
- Ok… ma mi raccomando, fatti sentire – le intimò Peter, dandole una banconota
“per il biglietto del treno”.
Baci, abbracci, sguardi ambigui con Ben Reilly, e la ragazza lasciava casa
Parker.
- Peter… ora che siamo soli… ti devo parlare – disse Mary Jane.
Il suo senso di ragno stava quasi pizzicando.
- Io me ne vado, e May viene con me – sentenziò la ragazza.
- Cosa? – si limitò a dire Peter sbarrando gli occhi. Anche Ben si mostrò colto
alla sprovvista.
- E’ troppo pericoloso, stare qui, per noi. O almeno per lei… è così piccola.
Prima il senatore Ward, poi Norman Osborn, poi Cletus Kasady, ora l’Alto
Evoluzionario… anche se hai deciso di non essere più l’Uomo Ragno, ci vuole
ancora tempo finché non ti lasci questa eredità alle spalle. Quando questo sarà
successo, potremo stare ancora tutti insieme.
- Tu… non puoi parlare seriamente. Non puoi pensare di lasciarmi proprio
adesso… non dopo tutto quello che ho…
- Lo faccio solo per May, Peter. Non pensare che non ti ami o che non sia una
decisione sofferta.
Rimasero un attimo in silenzio.
- Arrivederci, Ben – disse rivolgendosi al ragazzo.
E con May in braccio, chiuse dietro di sé la porta di casa Parker.
Note al capitolo
Per seguire gli X-men e la trama del Re delle Ombre… non perdete “Gli
Incredibili X-men”#4!